Perché Silvio Berlusconi non avrà pietà di Matteo Renzi
Ha iniziato la campagna elettorale prima degli altri, consapevole che il terreno da recuperare era tanto e la strada in salita. Silvio Berlusconi sarà pure abituato a fissare obiettivi sulla carta irraggiungibili ma del realismo – quando si tratta di rimonte – ha fatto la sua cifra.
E Silvio, forte del principio per cui per ottenere un buon risultato si deve puntare al massimo, in questi giorni va ripetendo: “Arriveremo al 45%“. Percentuale apparentemente astronomica, se è vero che la soglia di governabilità è fissata al 40% e nessuno degli schieramenti -secondo i sondaggi – pare in grado di raggiungerla.
Ma il vantaggio di un tipo che fa campagne elettorali dal 1994 è quello di conoscere la dinamica della politica. Entrare nella mente degli italiani è, per Berlusconi, semplice come tirare un calcio di rigore a porta vuota per Leo Messi.
Chi parla di larghe intese come piano A del leader di Forza Italia ne sottovaluta l’ambizione. Chi sostiene che l’ex Presidente del Consiglio tema la vittoria perché ha paura di non riuscire a contenere Matteo Salvini non tiene conto dell’alta considerazione che Berlusconi ha di se stesso e delle sue capacità di leadership. Ecco perché, nel suo tour tra radio e televisioni, alza l’asticella. Semplicemente perché è convinto di superarla.
Berlusconi vuol dimostrare di essere ancora Berlusconi. Al “ragazzotto” di Rignano che gli ha mostrato i muscoli sotto il mento quando si è trattato di eleggere Mattarella, il Cavaliere non concederà nulla. Deluso, rancoroso, tradito. Berlusconi sta già scommettendo sul suo crollo, certo che alla fine gli italiani opteranno per il cosiddetto “voto utile“.
Ne è la prova che il Pd, nei suoi interventi, non trova quasi posto. Non perché Berlusconi guardi all’inciucio. Macché. Silvio disegna lo scenario, crea l’immaginario: la battaglia finale sarà tra lui e il Movimento 5 stelle. Il Cav come ultimo argine alla deriva grillina e populista. Chi l’avrebbe mai detto?
Di certo non Renzi. Il giocatore coraggioso, ma spesso arrogante, che non ha previsto la rinascita di Berlusconi o forse ne aveva annunciato troppo presto la morte. Il toscano mai domo che anche adesso si dice convinto di batterlo. Un atteggiamento che il Cav, da leader consumato ma non consunto, non accetta.
Così gonfierà il petto per un’ultima volta. Ruggirà per quello che la sua età gli consente. Sorriderà agli italiani con il ghigno di chi la sa lunga. E guarderà a Renzi come al rivale da eliminare col bianchetto. Perché sa che dalla sua caduta politica passa la vittoria del berlusconismo sulle imitazioni. Dal duello generazionale per eccellenza il ritratto che la storia farà di lui.