Salvini, il Re del Nord

Quando ha tolto la parola Nord dal simbolo della Lega erano stati in tanti dirgli che era impazzito. Matteo Salvini, però, con il ghigno di chi la sa lunga aveva rassicurato tutti: “Vedrete, avremo sorprese“. Aveva notato, andando in giro per l’Italia, che i suoi cavalli di battaglia facevano presa non soltanto fino all’ex Roma ladrona, ma anche più a Sud.
Dalla lotta all’immigrazione fino alla promessa di abolizione della riforma Fornero, stringendo mani e indossando felpe, Salvini si era accorto che la parola Nord era per la sua battaglia più un tappo che un valore aggiunto.
Sì, perché la Lega, anche senza Nord, resta un partito del Nord. Ma se qualcuno, per caso, a Palermo o a Cosenza, a Napoli o a Lecce, vuole votarla deve essere incoraggiato.
Non è più tempo di secessione, di federalismo quasi non si sente più parlare. Ma Salvini su una cosa aveva ragione: con o senza Nord, la Lega nel Settentrione non ha perso un voto, anzi. Chissà quanti ne ha guadagnati dagli emigrati italiani. Dai giovani che il Sud l’hanno lasciato per andare a lavorare, dai vecchi che nel Nord si sono trasferiti una vita fa, e quella Lega non l’avevano mai votata proprio per non tradire se stessi e le loro origini.
Oggi stravince in Friuli Venezia Giulia, già domina in Veneto e in Lombardia. In Liguria governa Toti, il politico di Forza Italia più leghista che ci sia.
Ha tolto il vessillo ma si è preso il regno. Ecco a voi Salvini, il Re del Nord.