Maggio 18, 2018

Di Maio e Salvini, metteteci la faccia

 

Sembra essere definitivamente tramontata l’ipotesi di un governo M5s-Lega che veda come premier uno tra Di Maio e Salvini. Politicamente impossibile, per il leader del Carroccio, sostenere un esecutivo che abbia alla sua guida il capo politico di uno schieramento che sulla mappa elettorale resta rivale. Soprattutto se la speranza è quella di continuare ad essere il leader del centrodestra.

Una scelta strategicamente corretta, forse. Perché raggiungere il pareggio in condizioni di inferiorità numerica (si veda il rapporto di voti tra M5s e Lega tutto favorevole ai grillini) è sempre un buon risultato. Ma resta il retrogusto di un’incompiuta, di un’assenza di coraggio che rischia di riversarsi sull’intera azione di governo.

E’ noto che è proprio il Presidente del Consiglio il fulcro vitale delle politiche messe in atto dall’esecutivo. E non sembra credibile che di volta in volta, prima di assumere una decisione, il premier ascolti prima Di Maio, poi Salvini, dopo ancora i suoi ministri e – in caso di divergenze – passi la palla al nascente “Comitato di conciliazione”, che sulla carta dovrebbe riuscire a mettere tutti d’accordo. E quindi a cosa serve il Presidente del Consiglio?

Affidare ad una figura terza la guida del Paese sarà pure una scelta di equilibrio, ma allo stesso tempo è sintomo delle insicurezze che gli stessi leader di M5s e Lega condividono. In primis sui risultati del governo, ma soprattutto sulla sua durata.

Più semplicemente: se i contraenti del patto avessero realmente prestato attenzione ai temi, siglando un’intesa forte e non di facciata sul programma, avrebbero potuto dirsi ragionevolmente certi che la legislatura sarebbe durata 5 anni. E allora Di Maio (perché no?) avrebbe potuto concedere a Salvini di salire per primo a Palazzo Chigi, raccogliendone il testimone dopo due anni e mezzo.

Un’operazione di questo tipo avrebbe consentito a Salvini e Di Maio di costruire una piattaforma comune tra forze comunque diverse. Una forma ristretta di ciò che fu in passato il Pentapartito. Un’alleanza duratura, paradossalmente in grado di fagocitare consensi tanto a destra quanto a sinistra.

A patto che la scommessa sulla dissoluzione di Renzi e Berlusconi risulti vincente. Molto dipenderà dalle azioni del prossimo governo.

Per questo sarebbe stato utile metterci la faccia.

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