Non è vero che Conte peggio degli altri non potrà fare

 

Nel giorno in cui il Presidente Conte si presenta all’Italia per ciò che è, tra i tanti interventi dell’opposizione spiccano quelli di Mario Monti e Matteo Renzi, due che a dirla tutta non si sono mai presi. Ma il paradosso della cosiddetta Terza Repubblica è proprio questo: Berlusconi è più vicino alla sinistra che ha combattuto per un ventennio, piuttosto che allo storico “alleato” leghista. E i comunisti rossi a loro volta rimpiangono l’uomo di Arcore: il vecchio mondo è sempre più rassicurante del nuovo che avanza.

Così, nell’aula di un Senato in cui l’entusiasmo assomiglia pericolosamente ad incoscienza, a turbare il clima arrivano le parole del Professore. Non Conte,  l’originale. Monti ha lo stile compassato di sempre, non è mai stato un capo-popolo, e mai lo sarà. Ma con la precisione di un tecnico di prim’ordine agita lo spettro della Troika. Ricorda a Conte e al suo governo che senza la responsabilità di Forza Italia, del Pd e dell’allora Terzo Polo, “voi oggi sareste ridotti ad agenti di un governo semi-coloniale“. Di più, lancia un monito che inquieta soltanto a sentirlo formulare: “non è escluso che l’Italia possa dover subire ciò che ha evitato allora: cioè l’umiliazione della Troika“.

Dall’altra parte c’è Renzi, che al ruolo di showman non si sottrae, che alla tentazione di evidenziare le anomalie della maggioranza Lega-5 Stelle cede volentieri. Così l’occasione è ghiotta per sottolineare che il governo del cambiamento rappresenta in realtà soltanto un aggiornamento del vocabolario politico: “Quello che nella XVII Legislatura si chiamava inciucio oggi si chiama contratto; quello che nella XVII Legislatura si chiamava partitocrazia oggi si chiama democrazia parlamentare, quello che nella XVII Legislatura si chiamava condono oggi si chiama pace fiscale, quello che nella XVII Legislatura si chiamava un uomo che tradisce il proprio mandato oggi si chiama cittadino che aiuta il governo a superare la fase di crisi”.

Da questi due interventi, da quello di un senatore a vita rimasto nell’immaginario collettivo come l’uomo che ha messo in ginocchio l’Italia, e da quello di un leader sconfitto nelle urne ma condannato dalla sua indole a restare un capo, si evince la verità che molti oggi negano.

Non è vero che Conte sicuramente non farà peggio di chi lo ha preceduto. In questi anni siamo cresciuti poco e male. Si poteva fare certamente di più e sicuramente meglio. Ma in qualche modo abbiamo salvato la pelle.

E nessuno ci assicura che cambiamento faccia sempre rima con miglioramento.

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