Meglio Silvio
Alla fine il guaio è sempre quello: non è facile dirsi addio. Pure se la carta d’identità segna impietosa 81 primavere, pure quando i sondaggi per la prima volta dal 1994 ti descrivono dentro un vortice che pare risucchiarti e condannarti all’ininfluenza, pure adesso che pensare di invertire il senso di un declino che ha del fisiologico pare fanta-politica.
Ma se c’è un uomo capace di ribaltare i pronostici, se proprio qualcuno capace ancora di tirare fuori il coniglio dal cilindro esiste, questi è Silvio Berlusconi.
Così è tra amarezza e rimpianto, tra speranza e illusione che l’uomo di Arcore carica i suoi parlamentari e vaticina la fine del governo Conte-Di Maio-Salvini. Lo fa credendoci sul serio, ottimista per natura e convinto com’è che, alla fine, le incompatibilità tra M5s e Lega schiacceranno i populisti sotto il peso delle loro promesse irrealizzabili.
Lo fa, sopratutto, attingendo da quel bagaglio di imprenditore che lo ha reso per anni l’uomo allo stesso tempo più amato, odiato e invidiato d’Italia. Te ne accorgi quando attacca frontalmente Salvini e Di Maio, quando spiega che sì, “è importante comunicare bene un buon prodotto per esaltarne le qualità” ma “non serve a nulla comunicare bene un prodotto mediocre, perché presto il pubblico se ne accorge”.
C’è chi bollerà le sue parole come quelle di un vecchietto a cui ad un certo punto non si dà più peso: che dica ciò che vuole. C’è chi ai suoi proclami di rinascita, alla sua eterna voglia di battaglia e di rivalsa, guarderà con ammirazione per la fibra. E niente di più.
Ma il punto è che Berlusconi, piaccia o meno, è più moderno di Salvini, che nel 2018 crede ancora basti alzare muri e chiudere i porti per sentirsi più sicuri. Ed è più moderno di Di Maio, che col decreto Dignità ha mostrato di essere un giovane ministro soltanto anagraficamente, di coltivare idee datate e dannose, e presto lo capiranno anche i lavoratori.
Che poi Berlusconi abbia la forza di convincere gli italiani di questo, è altro conto. Ma sulla questione non c’è dubbio: meglio Silvio.