Novembre 4, 2018

Otto mesi di non-cambiamento

Otto mesi sono trascorsi dal 4 marzo. Dalla notte che ha “cambiato” l’Italia. Eppure non nel senso che i vincitori delle elezioni, quelli che dopo il voto esultavano come se avessero appena preso la Bastiglia, volevano far credere. Otto mesi, poco meno di una gravidanza, quanto basta per capire che il risultato dell’unione tra M5s e Lega non è il “governo del cambiamento” propagandato con una convinzione tale da apparire sospetta fin dal principio.

Diversi su tutto, per credo e provenienza, per “ideali” e storie, i partiti al governo sono tenuti insieme da due sole cose: la passione sfrenata per il populismo e l’attaccamento alle poltrone che hanno appena sottratto ai rivali di sempre. Non c’è niente di rivoluzionario in questi giacobini 2.0. Regna piuttosto l’immobilismo, il dissidio interno che si ripercuote sulla vita quotidiana degli italiani, l’incapacità di ammettere che si è promesso l’assurdo.

Così il reddito di cittadinanza e quota 100 “partiranno”: ma non partono. Le grandi opere, quelle che rendono tale un Paese, sono oggetto di quotidiani contrasti: dalla Tav al gasdotto Tap, dal Terzo Valico al Brennero, passando per Pedemontana e Muos. C’è una visione antitetica del mondo da provare a conciliare, e in questo scenario l’unico collante è l’odio per gli ex primi della classe, la tentazione di azzardare, la follia di farlo, per dimostrare di poter vincere una scommessa che in realtà è persa in partenza.

Ne sono una prova le ultime scaramucce sulla riforma della prescrizione, con Giulia Bongiorno che saggiamente ha placato le mire giustizialiste di un MoVimento che vorrebbe costringere tutti – innocenti compresi – a vivere sulla graticola di un procedimento penale vita natural durante.

E sull’altare delle divisioni si consuma il sacrificio di un Paese abbandonato al proprio destino in Europa, infilatosi consapevolmente (e questo è il dramma vero) in una spirale dalla quale sarà complicato uscire senza un brusco risveglio.

Otto mesi, otto, da quel 4 di marzo. Otto mesi di non-cambiamento.

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