Aprile 27, 2019

Genitori fino in fondo

Quello che hanno visto non era più il corpo di Giulio Regeni. Era il suo corpo, intendiamoci, ma di Giulio, del loro Giulio, aveva ben poco. Mamma Paola dopo il riconoscimento disse:”L’ho riconosciuto dalla punta del naso“. Un dettaglio che solo una madre avrebbe potuto individuare, perché ai dettagli bisognava affidarsi per ammettere l’incubo, per accettare che quell’insieme di carni seviziate, di costole rotte, di ossa fratturate, quella bocca senza denti, quello sguardo perso nel vuoto, appartenevano a Giulio Regeni. Loro figlio.

I genitori di questo ricercatore italiano morto in Egitto ormai più di 3 anni fa hanno chiesto da subito una cosa sola: verità. Una richiesta ragionevole, dignitosa. Volevano l’unica compagnia che è possibile accettare quando il cammino diventa inaccettabile, quando la vita stessa diventa insopportabile. Fino ad oggi tutto questo gli è stato negato: l’Egitto non ha collaborato, l’Italia non ha fatto abbastanza. Ora l’ultimo appello a Giuseppe Conte, il premier che – scrivono mamma Paola e papà Claudio – si è presentato come “avvocato difensore del popolo italiano“.

Gli chiedono che alle parole seguano i fatti, che si ricordi di quell’altro “cliente” che oggi non c’è più. Di Giulio. Lo invitano, “stringendo la mano al Generale Al Sisi” a pretendere “senza ulteriori dilazioni o distrazioni di sorta, la verità sulla sua uccisione. Sia, come ha promesso, il suo avvocato, lo sia di tutti i cittadini italiani che confidano nel rispetto dei diritti umani e nella loro intangibilità“.

Conte ha un’occasione clamorosa: quella di accreditarsi agli occhi del Paese come qualcosa di diverso da un fantoccio. “Non sono un passacarte“, ha rivendicato qualche giorno fa. Lo dimostri ora, lo renda esplicito adesso: intraprenda delle azioni forti, coraggiose, nei confronti dell’Egitto. Dica al presidente Al Sisi che gli italiani non ne possono più di depistaggi e prese in giro, che siamo pronti ad interrompere ogni tipo di rapporto fino a quando non verrà fuori la verità, che Giulio Regeni era uno di noi e merita rispetto. Faccia in modo che il “prima gli italiani” tanto caro a Salvini abbia per una volta senso. Lo faccia per quei due genitori che gli hanno chiesto aiuto, che si sono esposti dando fiducia ancora una volta allo Stato.

Si può essere disperati con dignità. Si può continuare a combattere anche se si è umanamente distrutti. Si può essere genitori fino in fondo, fino all’ultimo, e anche dopo. È ciò che stanno facendo Paola e Claudio. Per Giulio.

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