Maggio 31, 2019

Forza Italia ha un futuro?

Milioni di elettori di centrodestra, in fuga prima da Forza Italia e poi dalle urne. Milioni di italiani che di fronte alla prospettiva di votare uno che si è fatto strada a suon di “prima gli italiani” hanno preferito restare a casa. E dire che Salvini pagherebbe per prendersi un nome di partito così sovranista: pensateci, c’è qualcosa di più nazionalista in giro, a livello di simboli e messaggio, di “Forza Italia”?

C’è però un problema: le elezioni Europee concluse all’8,8% hanno dimostrato che Forza Italia è SOLO Silvio Berlusconi. Il partito non ha un suo messaggio, non coinvolge, non esiste. La notizia di un congresso da celebrare entro l’autunno è un passo avanti importante, così come in politica lo è ogni iniziativa di partecipazione. Ma è chiaro che da sola non basta ad arginare un declino che nemmeno l’eroismo di Berlusconi potrà riuscire ad evitare in eterno.

La domanda è una, quindi: Forza Italia ha un futuro? La risposta è che dipende. Dipende da Forza Italia. Basta analizzare i voti ottenuti dal partito: se al Sud è andato meglio rispetto al Nord non è soltanto perché la Carfagna è più popolare a Napoli di quanto non lo sia la Gelmini a Milano. Se l’Italia meridionale ha continuato a dare fiducia a Berlusconi anziché trasferirsi definitivamente su Salvini è perché ancora al Sud resiste una fronda anti-leghista, una trincea di gente di centrodestra con buona memoria che di farsi vampirizzare da quelli che fino a qualche anno fa li chiamavano terroni non ha nessuna voglia.

Basterebbe questo elemento di realtà per capire qual è la strada da intraprendere: chi vota Forza Italia, oggi, lo fa perché a sinistra non voterà mai, ma anche perché non si rivede in Salvini. E’ qui che si gioca la partita di Forza Italia. Tra i due estremi. Tra una destra rappresentata da Salvini e Meloni che prova a spacciarsi da centrodestra (ma non lo è) e un Pd che con Zingaretti è andato a sinistra (troppo) e non a caso cerca di tenersi stretto Calenda per non perdere il centro.

Il centro. Questo spazio misterioso e conteso. Prenderlo vuol dire ritagliarsi uno spazio liberale, democratico, moderato, cattolico (ma senza baci ai crocifissi). Significa differenziarsi dagli estremismi di Salvini, denunciarne le promesse tradite, fare opposizione senza stare più al suo traino, senza distinguere tra Lega e 5 Stelle quando si tratta di evidenziare gli errori del governo.

Che Berlusconi sia legato alla connotazione di centrodestra, avendolo fondato, è lecito e comprensibile. Ma per il bene dell’Italia non può accontentarsi di una Forza Italia che sia decisiva per la vittoria di Salvini: al contrario, deve lavorare per riportare Forza Italia ad essere il partito predominante della coalizione, costringendo la Lega a bussare alla sua porta com’è stato negli ultimi 25 anni. Per farlo deve finire l’epoca del “Salvini torni a casa” o del “governo dannoso per colpa dei 5 Stelle”. Lo spazio politico per risalire c’è, ed è immenso. Ma bisogna smarcarsi, distinguersi, liberarsi.

Si comincia da qui. Si continua con la scelta di un coordinatore nazionale che, con Berlusconi in Europa, abbia come prima qualità il carisma. Per essere chiari: Tajani non può essere il candidato premier di Forza Italia, mille volte meglio la Carfagna.

Servono scelte forti, nette, perché stare al centro non significa stare un po’ di qua e un po’ di là. Vuol dire invece comprendere le sfumature e le complessità dell’oggi. Pensare il domani e tentare di costruirlo senza cedere al vento della paura.

Forza Italia può scegliere. Il suo futuro è ancora – incredibilmente – nelle sue mani.

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