Giugno 7, 2019

Mini-Bot e mega rischi

La mozione parlamentare approvata dal Parlamento e sponsorizzata dalla Lega sull’emissione di mini-Bot rappresenta un segnale inquietante per l’Italia. Non è un mistero che le ardite teorie sull’uscita dall’euro di Claudio Borghi, principale consigliere economico di Matteo Salvini, passino proprio per l’emissione di questi titoli di stato di piccolo taglio che (ufficialmente) dovrebbero essere utilizzati per garantire allo Stato di pagare i suoi creditori, ma che in realtà costituirebbero il primo passo verso la creazione di una moneta parallela.

Il progetto è tanto semplice quanto rischioso: mettere in circolo pezzi di carta colorati simili a banconote dal valore corrispondente tra i 5 e i 100 euro, che privati e imprese potrebbero utilizzare per pagare le tasse, la benzina o i biglietti del treno. Letta così non sembra nemmeno così malvagia: che male c’è se lo Stato trova un modo diverso per pagare i propri debiti? La questione, però, è tutta politica ed è stata svelata in tempi non sospetti da Borghi in persona: i mini-Bot altro non sono che una moneta corrente alternativa all’euro. E di fatto costituiscono il primo passo (potenziale) verso l’uscita dall’unione monetaria. Secondo l’assurdo Borghi-pensiero, i mini-Bot darebbero infatti allo Stato il tempo necessario per resistere allo shock che un addio all’euro comporterebbe, diventando temporaneamente moneta di scambio in attesa dell’emissione della nuova.

Peccato che in queste assurde teorie non venga tenuto conto di un fattore molto importante, se non decisivo: la realtà dei mercati. Gli stessi che comprano il nostro debito (in euro) che motivo avrebbero di continuare a spendere soldi e a finanziarci avendo presente il rischio incombente che il governo Lega-M5s decida un bel venerdì pomeriggio (a Borse chiuse) di uscire dall’euro e rendere carta straccia tutti i loro crediti?

Sulla questione è stato molto chiaro Mario Draghi:”I mini-Bot? O sono soldi, quindi una cosa illegale, o sono altro debito e quindi lo stock sale. Non mi sembra che i mercati valutano positivamente questa idea, ma mi fermo qui“. Come dire, se non volete dare ascolto alla logica, provate almeno a fare i vostri interessi.

D’altronde Moody’s ha già messo in guardia l’Italia, dichiarando come il solo fatto che la proposta sia ricomparsa rappresenti un “credit negative”, ovvero un fattore negativo sulla valutazione del rating del Paese, di fatto la pagella che dice ai mercati se vale la pena investire sul nostro debito o se il rischio è troppo alto. Certo, è sempre possibile trovare degli investitori disposti a prendersi il rischio di comprare il nostro debito, ma ad interessi altissimi (ecco cos’è lo spread) ben più dannosi della già di per sé gravissima procedura di infrazione.

Se le motivazioni economiche non vi bastano a bocciare la proposta dei mini-Bot ce n’è un’altra di stampo politico e se vogliamo addirittura etico. Nell’ultima campagna elettorale per le Europee non c’è stato un riferimento – che sia uno – da parte di Salvini alla messa in circolazione di una moneta parallela, men che meno all’uscita dell’Italia dall’euro.

Che il governo pensi di creare le condizioni per portare il Paese fuori dall’euro e dall’Europa (perché di questo si tratta) senza aver prima consultato gli italiani sul punto è qualcosa di assurdo e inaccettabile. Se questo è il piano, Salvini e Di Maio ce lo dicano, abbiano il coraggio delle proprie azioni, se ne assumano l’onere, ma lascino a noi decidere se pagarne o meno le conseguenze. Propongano un referendum.

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