Giugno 21, 2019

Il Capitano abbandona la nave che affonda

E’ quando la nave sta per affondare, quando l’acqua entra ormai da tutte le parti, che il vero comandante afferra il timone e non lo abbandona. Non fino a quando non sia certo che anche l’ultimo marinaio si è messo in salvo. Ma in queste ore di drammatica trattativa con l’Europa, di spasmodica ricerca dei soldi necessari ad evitare una procedura d’infrazione che sarebbe piacevole quanto una bastonata sui denti, del “Capitano” non c’è traccia sul ponte di comando.

Ha detto di avere 60 milioni di figli: eppure non sembra comportarsi come un buon padre di famiglia. Perché quando c’è crisi, c’è difficoltà, si stringono le maglie, si sta tutti più vicini, ci si sacrifica sapendo che domani, forse, sarà meglio. Salvini invece dice al Corriere:”Giù le tasse o lascio il governo”. E’ un po’ come se il capofamiglia dicesse:”Se oggi a tavola non trovo caviale vado via, vi lascio qui e mi faccio un’altra vita”.

Perché c’è tutta la differenza del mondo tra la richiesta di una ricetta economica che dia respiro al Paese e la fuga dalle proprie responsabilità. Salvini oggi parla come se i debiti contratti dal governo non lo riguardassero, come se per un anno non fosse stato alla guida del Paese, come se i balletti sul deficit non fossero stati partoriti anche col suo consenso. Salvini addossa le responsabilità del disastro dei conti ai suoi ingenui partner. O forse non così ingenui, perché consapevoli che denunciare il gioco del leghista sulla pelle degli italiani equivale a perdere le proprie poltrone.

Ma a proposito di italiani, spetta a loro uno sforzo di onestà intellettuale. Bisogna siano loro a rendersi conto che è troppo facile recitare la parte di Salvini: gridare “giù le tasse”, “w l’Italia” e “abbasso Bruxelles”. Sono slogan belli, orecchiabili, perfino condivisibili. Ma restano slogan. Prima si mette in sicurezza il Paese. Poi si programma il futuro dell’Italia. A meno che qualcuno non voglia ipotecarlo sull’altare della propria premiership.

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