Dicembre 20, 2019

La verità su Salvini e la Gregoretti

E’ stato soprattutto per l’ignoranza delle sue posizioni anti-migranti, per la tendenza ad utilizzare parole incendiarie, per l’abitudine a diffondere fake news sul tema, per la scarsa cultura che gli impedisce di essere un leader moderato, che ho deciso di oppormi – nel mio piccolo – all’ascesa di Matteo Salvini. Sulla vicenda della nave Gregoretti, sulla sua gestione, non posso che essere contrario alla condotta posta in essere da questo Capitano poco autorevole.

Il punto dirimente, individuato chiaramente dal Tribunale dei ministri di Catania, è che la nave su cui sono rimasti a bordo per giorni 131 migranti è un’imbarcazione militare italiana. Se nel caso della Diciotti si innescò una disputa su chi, tra Italia e Malta, dovesse concedere il famoso “porto sicuro“, nel caso della Gregoretti è stata l’Italia ad assumere l’intero onere dell’operazione, motivo per cui avrebbe anche dovuto concluderla.

Sui motivi che hanno spinto Salvini a ritardare lo sbarco per giorni non entro. Posso pensare che lo abbia fatto per costringere gli altri Paesi europei ad intervenire. Posso credere che lo abbia fatto per aumentare i propri consensi interni. Ma in ogni caso si tratterebbe di un processo alle intenzioni. E questo lo lasciamo ai giustizialisti. Resta come dato oggettivo la cattiva gestione della situazione: la Gregoretti, a differenza della Diciotti – per citare il termine di paragone più immediato – non era infatti attrezzata per ospitare centinaia di persone in condizioni di salute precarie e in uno spazio così ristretto. Un solo bagno, uomini e donne costretti a dormire in coperta, un caso accertato di tubercolosi e 20 di scabbia. Nessuna motivazione giustificava la permanenza prolungata a bordo di quelle persone.

Ora però entriamo nella questione politica della vicenda. Credere che Salvini abbia agito da solo, senza consultarsi con gli allora alleati di governo del MoVimento 5 Stelle o con il suo presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non è credibile. In una situazione di tensione come quella, caratterizzata da trattative serrate per lo smistamento dei migranti in altri Paesi, pensare che non ci sia stata una logica di governo e che a decidere sia stato il solo Salvini equivale a prendere e a prendersi in giro. Si può provare antipatia per l’uomo Salvini, si può credere che le sue politiche siano sbagliate, che le sue scelte nel caso specifico della Gregoretti siano perfino punibili dalla legge. Ma in questo caso, ad essere processato, deve essere tutto il governo.

Poi c’è un’altra questione. Quella del garantismo. Essere garantisti significa, per definizione, “riconoscere e tutelare i diritti e le libertà fondamentali degli individui da qualsiasi abuso o arbitrio da parte di chi esercita il potere“. Questo è vero quando un magistrato abusa della sua posizione per incriminare un politico in maniera strumentale. Ma lo è anche quando un politico – o un intero governo – abusano del loro ruolo di comando per infrangere delle leggi. Il punto, allora, non è tanto – come sta passando in questi giorni – se Salvini abbia condiviso o meno la sua decisione sulla Gregoretti. La questione è se abbia commesso o meno un abuso in qualità di ministro.

Ancora una volta: i nemici di Salvini si confermano i migliori amici di Salvini.

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