Gennaio 8, 2020

Il problema è la Bomba

Donald Trump doveva dare un indirizzo all’America e all’Occidente sugli sviluppi in Iran dopo la rappresaglia della Repubblica Islamica. Ha fatto molto di più, indicando chiaramente qual è il vero problema degli Stati Uniti in Medio Oriente: assicurarsi che l’Iran non abbia mai e poi mai la Bomba.

All’arma atomica Trump ha dedicato gran parte del suo breve intervento dalla Casa Bianca. Lo ha fatto dopo aver assicurato una volta di più che nel raid persiano “nessun americano è stato ferito“, che i danni riportati sono “minimi“, le basi “al sicuro” e l’Iran “in svantaggio“. Come delegittimare nel giro di pochi istanti tutta la costruzione della propaganda iraniana. Come esporre i teocrati del regime al malcontento di un popolo stanco ma furente per l’uccisione di quello che considerava un semi-Dio: Qassem Soleimani. Se la sua vita vale così poco – sarà il pensiero collettivo – allora dov’è la tanto decantata forza del vecchio impero persiano? Poggia su fondamenta fragili “il perno dell’Universo“.

Le parole di Trump sono quelle di chi è pienamente padrone della situazione. Ha giocato da “gambler“, ha scommesso, ha visto il bluff iraniano, portato a casa l’uccisione del leader avversario più temibile, avuto ragione, trionfato su tutta la linea. Gli è andata così bene da aver capito che ci sono ancora margini per tenere Teheran sotto schiaffo. Così ha deciso di mantenere la scure sul capo degli iraniani: “Mentre continuiamo a valutare varie azioni per rispondere all’aggressione…“. Sì, anche quella militare.

Allo stesso tempo ha scelto di schiacciare una volta di più il Paese avversario nella morsa di nuove sanzioni. Siamo su un doppio binario: missili e diplomazia. Fino a quando? Per dirlo con le sue parole: “Fino a quando Iran non cambierà atteggiamento“. Questo vuol dire una cosa sola: l’Iran deve rinunciare al nucleare.

In mezzo, Trump ha infilato una buona dose di campagna elettorale: c’è da capirlo, quest’anno si vota. L’obiettivo? Obama, i Democratici, il loro accordo sul nucleare: “L’Iran ha continuato con attacchi internazionali, chiuso i cieli ai droni americani. Abbiamo dato loro oltre 1,4 mld di dollari e loro cantavano “Morte all’America“. I missili lanciati ieri sono stati pagati dai soldi messi a disposizione da Obama“.

Poi di nuovo il chiodo fisso, il vero nocciolo geopolitico della questione: “Loro devono abbandonare ogni ambizione verso il nucleare e smettere di sostenere i terroristi. Devono abbandonare tutto quello che resta di quell’accordo (quello del 2015, ndr) e lavorare insieme per arrivare ad un accordo“.

Sul finire, ecco il ritorno del “dealer“, l’uomo d’affari capace di essere duro ma allo stesso tempo ammaliare, sedurre l’avversario, portarlo dalla propria parte: “L’Iran potrebbe essere un grande Paese. L’Isis è un nemico naturale dell’Iran. Noi dovremmo lavorare insieme su questo e altre priorità condivise. E infine ai leader dell’Iran: noi vogliamo che voi abbiate un bel futuro, il futuro che meritate prospero, di armonia, di pace. Gli Usa sono pronti ad abbracciare la pace con tutti coloro che la cercano“.

Resta l’interrogativo di sempre: quello della deterrenza nucleare. Kim Jong-un ha la Bomba e per ora è vivo. Saddam e Gheddafi non hanno fatto in tempo: sappiamo che fine hanno fatto. Cosa deciderà l’Ayatollah? E soprattutto: può davvero scegliere?

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