Febbraio 4, 2020

Riflessioni incomplete sull’Iowa

Aspettiamo ancora i risultati dei caucus in Iowa, il primo stato chiamato al voto per le primarie democratiche americane. E’ un fatto senza precedenti negli Stati Uniti che dopo così tanto tempo non sia disponibile una parvenza di dato – non dico ufficiale – nemmeno parziale della consultazione. Gli sfottò di Donald Trump sono il minimo che il partito dell’asinello potesse aspettarsi dopo questa figuraccia planetaria.

Certo, i comitati elettorali dei vari candidati, grazie ai loro uomini sul posto, hanno un’idea generale su come le cose siano andate nella prima tappa delle primarie. La sorpresa è Buttigieg. O “Mayor Pete”, come lo chiamano gli americani. Il sindaco gay che in queste settimane è sembrato il candidato più talentuoso, oltre che il meno esperto. Stanotte è stato proprio lui l’unico a rivendicare una sorta di “vittoria” sulla base dei dati in suo possesso. Un azzardo politico: avesse torto, la sua campagna elettorale sarebbe da considerarsi terminata. Difficilmente l’avrà.

Nel frattempo, però, si è assicurato una visibilità che altrimenti non avrebbe avuto. E forse anche lo slancio – per quanto smorzato dall’incertezza del risultato – che la vittoria nel primo stato chiamato al voto è solito regalare al candidato vincente.

Ci sono però un altro paio di questioni di cui bisogna parlare, di fatto collegate. L’ottima affermazione di Sanders e il (presunto) flop di Joe Biden. Il “socialista” Bernie sta trovando terreno fertile nell’elettorato democratico: le sue proposte radicali trovano quanto mai sponda in un contesto polarizzato come quello americano. All’estremismo di Trump la risposta più immediata sembra essere un estremismo di sinistra.

A risentirne è Joe Biden, lo zio d’America, il vice di Obama che ha nella sua storia una serie di preoccupanti fallimenti alle primarie. E’ su di lui che ha puntato l’establishment democratico. Sempre lui sembra essere l’unico in grado di portare a casa la vittoria contro Trump. Ma deve arrivarci, a novembre. E dopo l’Iowa, o quel poco che ne sappiamo, non è così facile.

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