Aprile 20, 2020

Quello che i leader non hanno capito del coronavirus

L’intervista di Giuseppe Conte a “Il Giornale” di Sallusti viene riassunta dal titolo “Non mollo“. L’intento è chiaro: rendere palese, e così allontanare, lo spettro di un governo di unità nazionale presieduto da una personalità di alto calibro – forse quella di Mario Draghi – diversa dalla sua.

Matteo Salvini, ospite da Massimo Giletti, lamenta la solerzia della magistratura, accusata di averlo convocato per il caso Gregoretti il 4 luglio “alle 9:30 della mattina!” – precisa indignato – davanti al Tribunale dei Ministri di Catania. “Passerò l’estate in Sicilia“, commenta con una nota di amarezza il leghista.

Due esempi estrapolati dalla cronaca di ieri, per non spingerci troppo lontano. E per dire cosa? Per dire di una tendenza che Papa Francesco ha fotografato proprio stamattina con parole sibilline: “I partiti politici cerchino insieme il bene del Paese e non il bene del proprio partito“.

Se vogliamo dirla tutta, a prevalere in questa fase è un’altra dimensione. Non tanto quella della comunità partitica, quanto quella dell’Io. Conte si affanna perché comprende che c’è chi prova a scavargli la fossa politica. Salvini è rimasto all’epoca avanti-Covid, quella in cui l’Italia – chissà perché – era solita interessarsi ai suoi destini personali, piuttosto che a quelli del Paese.

Informare il leader del governo e quello dell’opposizione, qui citati proprio perché rappresentativi del grosso dell’elettorato italiano (precisazione d’obbligo: non sono i soli ad anteporre il proprio ego a quello del Paese), che il mondo è in fase di trasformazione, le priorità sono altre. La salute, l’economia, il lavoro: il “durante” e il “dopo” incubo.

Attenzione, non sputiamo nel piatto in cui mangiamo. Non sono solo i leader nostrani a guardarsi allo specchio e a vederci riflesso il Paese. Si prenda Donald Trump, che il coronavirus lo sta vivendo come uno sgarbo personale, un torto della storia, decisa a presentargli una pandemia nell’anno delle presidenziali. Egocentrismo che deve trovare in qualche modo uno sbocco, una valvola di sfogo. Per non soccombere alla frustrazione, per non rispondere della propria incapacità: il nemico è ieri l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oggi la Cina, domani i Democratici. Dopodomani chissà.

A dire il vero c’è chi ha provato a sperimentare un approccio opposto: Boris Johnson. Nel parlare al Regno Unito ha annunciato con pragmatico distacco che “molte famiglie perderanno i loro cari“. Quasi astraendosi dalla realtà, dalla comunità che ha avuto l’onore di governare, BoJo non ha pensato che il virus potesse attecchire dentro i confini del suo mondo. Arrivando sull’orlo di essere lui, il “caro” a rischio.

E’ proprio vero: nessuno si salva da solo, soprattutto in una pandemia. La gente comune lo ha capito, i leader non ancora. Togliete gli specchi dalle stanze del potere.

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