Maggio 27, 2020

George Floyd è morto. E anche io non riesco a respirare

Morire con il ginocchio di un poliziotto sul collo. Asfissiato, da una legge che giusta davvero non è, non sarà mai. Umiliato, con la scusa di essersi seduto su una macchina. Torturato, per il solo fatto di essere nero. Ucciso, perché il male esiste e io “non riesco a respirare“. Chiedete a George Floyd cosa voglia dire per un afroamericano vivere negli Usa del 2020. Soprattutto in alcuni alcuni posti dell’America. Provateci pure, ma non vi risponderà. La pressione di quell’agente, capace di uccidere un uomo tenendo le mani in tasca, è stata troppo anche per un fisico possente come quello di George. Dopo 10 minuti ad annaspare con la faccia schiacciata sul lurido cemento di Minneapolis, Minnesota, il suo cuore si è fermato, i suoi occhi si sono chiusi per sempre. Non i nostri, non quelli di chi vuole ad ogni costo un mondo diverso.

I passanti, neri e bianchi, hanno tentato per tutto il tempo di convincere i poliziotti ad allentare la morsa. Quando hanno visto che George non si muoveva più, hanno chiesto incessantemente di sentire almeno se aveva battito. Qualcuno ha tentato anche di avvicinarsi, ma gli agenti hanno lasciato intendere che se si fossero messi in mezzo avrebbero saggiato lo stesso trattamento. E questa non era una minaccia, ma la prassi.

I poliziotti sono intervenuti in seguito ad una segnalazione: George Floyd aveva pagato un conto al ristorante con una banconota da 20 dollari risultata falsa. Avete capito bene: 20 dollari. Successivamente, una nota della polizia ha aggiunto che “appariva sotto gli effetti di alcol e droga“. Insomma: è stata una percezione ad animare la reazione degli agenti, la stessa percezione che è mancata quando si è trattato di comprendere che quel giovane uomo stava morendo soffocato.

La voce di George Floyd raschia il baratro della nostra civiltà. Va affievolendosi, minuto dopo minuto, alla ricerca di ossigeno, di libertà e giustizia. In un mondo normale, il Presidente degli Stati Uniti d’America avrebbe condannato l’accaduto, telefonato alla famiglia, manifestato vicinanza a tutta la comunità afroamericana. Nel mondo in cui viviamo, il presidente Trump trascorre ore sui social cinguettando contro gli articoli del New York Times e protestando contro la decisione di Twitter di sottoporre a fact-checking le fake news che ogni giorno diffonde impunemente. Senza una parola per George Floyd.

Black lives matter. Le vite nere contano.

George Floyd è morto. E anche io non riesco a respirare.

PS: Questo blog ha sottolineato fin da subito la cattiva gestione del caso da parte di Donald Trump. Qui ci sono le conseguenze.

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(Attenzione: il video potrebbe urtare la vostra sensibilità)

2 commenti su “George Floyd è morto. E anche io non riesco a respirare

    1. This policeman killed George, he should go in Gail, he’s a murder he didn’t act normal or human, also George explained all the time he couldn’t breath so the people filming did, he hadn’t conciseness, I am freezing, it’s terrible,,

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