Luglio 9, 2020

C’eravamo tanto odiati

Darsele di santa ragione per una vita intera, colpendo sopra e sotto la cintura. Odiarsi politicamente, non sopportarsi umanamente, pensarsi l’uno la nemesi dell’altro. Definire il rivale “ubriaco“, rispondere a tono, chiamare l’avversario “utile idiota“. E poi, diversi anni dopo, stringersi idealmente la mano, deporre le armi. Riconoscere il valore dell’altro, pur nella diversità. Ritrovarsi sotto un’unica bandiera: quella dell’Italia.

Romano Prodi e Silvio Berlusconi amici non lo sono mai stati, né lo saranno mai. Troppo distanti per sentirsi in qualche modo affini, troppo protagonisti della stessa stagione per pensare di condividerla, di cederne all’altro almeno un pezzo. Ma prima che cali l’ultimo sipario ecco le parole che non ti aspetti dal Professore: “La vecchiaia porta saggezza“, riferita al leader azzurro.

Certo, una punta di acidità è rimasta, una presunzione di superiorità pure. Perché dire che la vecchiaia porta saggezza significa due cose che a Berlusconi non faranno di certo piacere: la prima, che il tempo è passato anche per lui; la seconda, che la saggezza di oggi ieri non c’era. Ma il narcisismo deve inevitabilmente fare posto al significato politico delle parole di Prodi: c’è la legittimazione dell’avversario di un ventennio, il tentativo ultimo di pacificazione con l’uomo che a lungo la sinistra ha preferito demonizzare perché priva del coraggio di affrontare le proprie contraddizioni.

Prodi ha invece la stazza per dire ciò che in tanti pensano da anni di Silvio Berlusconi e non dicono per timore degli strali alleati: il Cavaliere non era il mostro che è stato dipinto. Di più: è un gigante rispetto ai nani politici che oggi allungano i propri artigli sul centrodestra. Certo, con Forza Italia fortemente ridimensionata, aprire oggi a Berlusconi è più facile rispetto a 10 anni fa. Ma il fatto che a pronunciare queste parole sia stato proprio Prodi fa trascendere la riflessione dal contesto quotidiano. Il Professore non ha un personale interesse a sponsorizzare il Cavaliere: credere che lo faccia in prospettiva di un’elezione al Quirinale significa sottovalutarne l’intelligenza, sottostimarne la profondità di pensiero, la coerenza delle opinioni.

La portata di questa svolta è talmente significativa che è lecito attendersi nelle prossime ore delle precisazioni da parte delle rispettive cerchie. Si tenterà di minimizzare, di contestualizzare la frase di Prodi, di ricordare le differenze che hanno separato i due per una vita e sempre li caratterizzeranno. Lo si farà per proteggere Berlusconi dal “fuoco amico” della destra. Per evitare che i populisti parlino di inciucio e via discorrendo.

Ma intanto queste parole sono state pronunciate. E sono la lezione che due vecchi leader danno alla politica sciatta e radicalizzata di oggi. Dall’alto di chi il Paese ha avuto l’onore e l’onere di guidarlo, Berlusconi e Prodi dimostrano che prima dell’interesse di partito viene quello dell’Italia. Così si può dire sì al Mes in contrasto alle idee dei propri alleati: mettendo il popolo davanti alle ideologie. E allo stesso tempo si può affermare che l’avversario di ieri non debba necessariamente essere il nemico di domani.

In una frase: c’eravamo tanto odiati, domani è un altro giorno.

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