Agosto 28, 2020

La grande scommessa di Donald Trump: sono io la vera America

Introdotto dalla figlia Ivanka (segnatevi il suo nome per il 2024), Donald Trump scende la scalinata della Casa Bianca mano nella mano con Melania. Scandisce un chiarissimo “Thank you” dinanzi a circa 1500 persone assembrate e senza mascherina. Sceglie la sede del governo per tenere il comizio finale della Convention Repubblicana. Infrange così la legge. Ma fino a quando i tribunali entreranno in azione decidendo multe e sanzioni la data del 3 novembre sarà già alle spalle. Vale la pena rischiare. Giocare il tutto per tutto.

Donald Trump è davvero convinto di essere stato un grande presidente. Non è solo merito degli speaker che lo hanno preceduto, quelli che hanno tenuto a rimarcare che Trump è davvero Trump come lo vedete, ma fino ad un certo punto. Per capirci: Trump è l’alieno alla Casa Bianca, l’uomo che spariglia, il giocatore che ha cambiato Washington senza esserne cambiato, quello che usa i social in maniera un po’ spregiudicata, ma solo perché non ha filtri, dice quello che pensa, è uno di voi, americani! Ecco, questo è tutto vero – tendono a rimarcare i Repubblicani – ma non credete alla narrazione distorta che i media danno di lui: non è un razzista, non ce l’ha con gli afroamericani, con le minoranze etniche, non è cinico come viene descritto, né è minimamente egocentrico come tutti pensano: pensa solo a voi, combatte per voi, popolo Usa!

Eppure c’è dell’altro: per una volta, pur in mezzo alle molte bugie e inesattezze che infila nel discorso letto dal gobbo (opinione personale: è molto più efficace quando improvvisa), Trump appare sincero nella narrazione del suo lavoro alla Casa Bianca. Cita Abramo Lincoln, il presidente Repubblicano che abolì la schiavitù, e dice che nessuno ha fatto più di Trump per gli afroamericani. Elenca i dati dell’economia pre-Covid (e nessuno può negare che l’economia Usa sia cresciuta nella sua era: ma aveva iniziato a correre già con Obama), i successi (molti dei quali innegabili) della sua politica estera. Poi però si perde nella smania di attaccare il rivale Democratico. Descrive Joe Biden come “il cavallo di Troia” della sinistra. Quanto di più difficile da dimostrare: basti il fatto che una delle maggiori potenziali debolezze di Biden è proprio il fatto di essere un candidato che non scalda l’ala più radicale del suo partito. Gli americani conoscono Joe Biden da 47 anni: sanno che è un moderato, e non a caso molti Repubblicani della “vecchia scuola” voteranno per lui a novembre. No, questa narrazione non fa breccia.

Trump però una l’azzecca.

Se alla convention Democratica Joe Biden aveva descritto i disastri dell’amministrazione Trump, dalla gestione della pandemia a quella delle tensioni razziali nel Paese, The Donald prova a ribaltare il discorso facendo leva sull’orgoglio a stelle e strisce, sull’eccezionalismo americano. Quando dice che “l’America NON è una terra ammantata di oscurità, l’America è la torcia che illumina il mondo intero” è a Biden che risponde per le rime, è al suo messaggio apocalittico che oppone quello improntato su un incrollabile ottimismo.

Trump compie un’opera di completa rimozione della pandemia e dei suoi errori, ne parla al passato, promette cura e vaccino entro la fine dell’anno – “forse anche prima” – gonfia il petto dell’America nella sfida alla Cina, sostiene di aver restaurato la potenza militare a stelle e strisce promette la nuova conquista della Luna e quella di Marte. Cancella il passato ingombrante, guarda al futuro sfruttando la voglia di voltare pagina di milioni di americani perché “the best is yet to come!“, il meglio deve ancora venire. E poco importa che per i Democratici questa frase suoni terribilmente minacciosa.

Di certo ha ragione quando dice: “Non c’è mai stata una tale differenza tra due partiti, o tra due individui, nell’ideologia, nella filosofia o nella visione come ora“. Lui si intesta la fiducia nel sogno americano: “Siamo una nazione di pellegrini, pionieri, avventurieri, esploratori che si sono rifiutati di essere legati, trattenuti o rinchiusi. Gli americani hanno l’acciaio nella spina dorsale, la grinta nell’anima e il fuoco nel cuore. Non c’è nessuno come noi sulla terra. Voglio che ogni bambino in America lo sappia: tu fai parte dell’avventura più emozionante e incredibile della storia dell’umanità. Non importa da dove viene la tua famiglia, non importa il tuo background, in America, QUALSIASI persona può risorgere. Con il duro lavoro, la dedizione e la guida, puoi raggiungere qualsiasi obiettivo e realizzare ogni ambizione“.

Complimenti meritati al ghostwriter che incalza: “I nostri antenati americani hanno attraversato l’oceano pericoloso per costruire una nuova vita in un nuovo continente. Hanno sfidato gli inverni gelidi, attraversato i fiumi impetuosi, scalato i picchi rocciosi, camminato nelle foreste pericolose e lavorato dall’alba al tramonto. Questi pionieri non avevano soldi, non avevano famiglia, ma avevano l’un l’altro. Amavano le loro famiglie, amavano il loro paese e amavano il loro Dio! Quando si presentò l’occasione, presero le loro Bibbie, impacchettarono le loro cose, salirono su carri coperti e partirono verso ovest per la prossima avventura. Ranchers e minatori, cowboys e sceriffi, contadini e coloni, si sono spinti oltre il Mississippi per rivendicare la frontiera selvaggia. Nascono leggende: Wyatt Earp, Annie Oakley, Davy Crockett e Buffalo Bill. Gli americani costruirono le loro belle fattorie sull’Open Range. Presto ebbero chiese e comunità, poi città e, col tempo, grandi centri industriali e commerciali. Ecco chi erano. Gli americani costruiscono il futuro, non abbattiamo il passato! Siamo la nazione che ha vinto una rivoluzione, ha rovesciato la tirannia e il fascismo, e ha consegnato milioni di persone alla libertà. Abbiamo posato le ferrovie, costruito le grandi navi, innalzato i grattacieli, rivoluzionato l’industria e innescato una nuova era di scoperte scientifiche. Abbiamo stabilito le tendenze nell’arte e nella musica, nella radio e nel cinema, nello sport e nella letteratura – e abbiamo fatto tutto con stile, fiducia e stile. Perché QUESTO è ciò che siamo. Ogni volta che il nostro stile di vita è stato minacciato, i nostri eroi hanno risposto alla chiamata. Da Yorktown a Gettysburg, dalla Normandia a Iwo Jima, i patrioti americani hanno corso a colpi di cannone, proiettili e baionette per salvare la libertà americana“.

Poi la chiosa: “Nei prossimi quattro anni, ci dimostreremo degni di questa magnifica eredità. Raggiungeremo nuove e straordinarie vette. E mostreremo al mondo che, per l’America, nessun sogno è al di fuori della nostra portata. Insieme, siamo inarrestabili. Insieme, siamo imbattibili. Perché insieme, siamo gli orgogliosi CITTADINI degli STATI UNITI D’AMERICA. E il 3 novembre renderemo l’America più sicura, renderemo l’America più forte, renderemo l’America più orgogliosa, e renderemo l’America più grande che mai! Grazie, Dio vi benedica. Dio benedica l’America“.

Ora è tutto chiaro: Trump si identifica con la nazione, crede come nel 2016 di incarnare lo spirito profondo del suo popolo, il non detto ma intimamente sentito. Donald si gioca la rielezione su questa grande scommessa: la vera America sono io.

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