Novembre 22, 2020

Così Donald Trump sta mettendo in pericolo l’America

Dopo gli attacchi dell’11 settembre, un rapporto del Congresso che indagò sui motivi che portarono l’intelligence statunitense a realizzare uno dei più fragorosi buchi nell’acqua della sua storia, individuò tra le cause principali di quel fallimento la breve transizione fra l’amministrazione Clinton e quella Bush.

A causa del contenzioso legale tra Al Gore e George W. Bush, con soli 537 voti scrutinati nello stato della Florida a decidere l’elezione americana, la nuova amministrazione Repubblicana aveva impiegato diversi mesi per posizionare in tutte le caselle giuste i responsabili della sicurezza. Si era così creato uno stallo, qualcosa di simile ad un vuoto di potere. E qualcuno, in questo caso i terroristi di Al Qaeda, aveva pensato bene di approfittarne.

Questo è solo uno degli esempi di maggiore impatto per capire cosa comporta la strategia di ostruzione messa in campo in queste settimane da Donald Trump. Ormai è chiaro a tutti che non c’è nessuna possibilità che il presidente in carica ottenga un secondo mandato. Lo sanno i suoi legali, lo sanno i suoi più stretti collaboratori, lo sa perfino Donald Trump. E, nonostante questo, la cosiddetta “transizione” da un’amministrazione all’altra viene ostacolata.

Ciò significa per Joe Biden l’impossibilità di essere istruito con i briefing che l’intelligence posa sulla scrivania del presidente ogni mattina, ma anche l’incapacità di essere informato quotidianamente dai rapporti del Dipartimento di Stato su ciò che accade nel Pianeta.

L’America è in pericolo, l’America pagherà queste lentezze, a maggior ragione in un’epoca storica contrassegnata da una pandemia (a Biden, ad esempio, non è dato neanche pianificare la distribuzione dei vaccini), ma la principale preoccupazione di Donald Trump è costruire una narrazione che gli consenta di uscire dalla Casa Bianca, perché uscirà dalla Casa Bianca, come il presidente a cui hanno letteralmente “rubato” l’elezione, il candidato che aveva vinto a valanga e che soltanto un complotto internazionale ordito dai nemici comunisti dell’America è riuscito a sconfiggere.

Lo so, sembra ridicolo solo a leggerlo. Ma un’avvocata di Trump, in una conferenza stampa tenuta nella sede del Partito Repubblicano, allo stesso tempo sempre più vittima e complice delle follie del Presidente, al punto che diventa ogni giorno più complicato tracciare i confini delle sue responsabilità, ha dichiarato che l’intera operazione elettorale che ha portato al successo di Joe Biden è stata finanziata con “soldi dei comunisti“, pianificata dal defunto presidente venezuelano Hugo Chavéz in collaborazione con Cuba, la Cina, l’immancabile in ogni complotto che si rispetti George Soros, e naturalmente la fondazione dei Clinton. Tutto sarebbe avvenuto grazie all’ausilio di un “super computer” capace di modificare all’istante ogni voto processato in ogni Stato americano, così da favorire Biden a dispetto di Trump.

Trump, secondo l’avvocata, avrebbe vinto con addirittura 406 grandi elettori (per capire, a Biden ne sono stati assegnati 306: non mi sorprenderebbe se un giorno venissimo a sapere che è stato Trump stesso a suggerire di aver preso giusto 100 grandi elettori più del suo avversario) soltanto che il vero risultato dell’elezione, custodito in un software di una società spagnola di nome Scytl, sarebbe stato sequestrato da un’incursione dell’esercito americano nella sede tedesca dell’azienda, a Francoforte. Volete sapere com’è andata a finire? L’azienda spagnola chiamata in causa dagli avvocati di Trump ha detto di non avere nemmeno un ufficio, a Francoforte.

Questo teatrino deve farci riflettere sui pericoli che corre la democrazia americana – ma oserei dire la democrazia in generale – quando sale al potere un personaggio come Donald Trump. Alla fine, il sistema Usa garantirà un passaggio di consegne tutto sommato sereno. A mezzogiorno del 20 gennaio, l’amministrazione Trump sarà semplicemente il passato, ma ad un certo punto dovremmo dirci questo: fa ridere, perché fa ridere, ma che un presidente sconfitto alle elezioni pronunci, come ha fatto ieri al G20 davanti agli altri leader del Pianeta, parole come “voglio lavorare con voi ancora a lungo, ci attende un decennio straordinario“, ecco, questo dovrebbe preoccuparci tutti e spingerci a sviluppare sempre più anticorpi contro chi mette a repentaglio la democrazia pur di perseguire i propri scopi.

Un gigante di nome Winston Churchill avrebbe concluso: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora“.


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