Febbraio 15, 2021

Zero Covid, la lettera-appello degli scienziati

La lettera appello degli scienziati promotori della strategia Zero Covid. L’Europa deve agire. Annientare il Covid è possibile.

Di seguito il testo:

Se vogliamo uscire dalla pandemia, vaccinare è essenziale. Però non sarà sufficiente. La speranza di raggiungere in Europa l’immunità di gregge alla fine dell’estate sta ormai svanendo. Il dispiegamento delle campagne di vaccinazione è in ritardo e la comparsa di nuove varianti minaccia seriamente l’efficacia dei vaccini esistenti. Del resto, la storia ci ha insegnato che la vaccinazione da sola non è in grado di eliminare un virus. Anche dopo la messa a punto del vaccino, sono stati necessari vari anni di misure supplementari di sanità pubblica per eliminarlo. Un’uscita mondiale dal Covid-19 nel 2021 pare perciò altamente improbabile. Come fare, allora, per evitare di ricorrere a ulteriori lockdown? Occorre frenare il prima possibile la propagazione del virus e impegnarci nella via di una ripresa duratura.  La strategia europea deve spostare notevolmente la sua attenzione dai lockdown a lungo termine e a livello nazionale a causa dell’elevato numero di trasmissioni comunitarie non tracciabili e di un alto numero di vittime, alla prospettiva di avere il virus sotto controllo.

Chiediamo quindi ai responsabili politici e ai cittadini di definire una strategia europea di eliminazione del virus fondata su tre pilastri: vaccinazione, instaurazione di zone verdi e attuazione di strategie e tecnologie di test e di tracciamento. È importante sottolineare che ciò deve essere accompagnato da una comunicazione chiara, coerente e trasparente. Siamo un gruppo internazionale di scienziati che comprende epidemiologi, virologi, politologi ed economisti. Alcuni di noi hanno recentemente sottoscritto un appello su The Lancet, altri hanno dato vita all’approccio tedesco No Covid che sta preparando gli strumenti che consentiranno di applicare efficacemente questa strategia.

Riuscire ad eliminare il virus in tutta Europa può sembrare impossibile. Eppure, noi pensiamo che potremo riuscirci definendo misure e norme comuni in materia di sanità pubblica, creando delle zone verdi in cui il virus è tenuto sotto controllo. Tanto più saranno zone piccole e con minore mobilità tra di loro, tanto prima potremo ritrovare un funzionamento economico-sociale ed evitare misure restrittive. Questa divisione in zone deve essere però politicamente e socialmente accettabile ed occorre disporre di strumenti per farla rispettare a livello locale: ogni Stato dovrà quindi stabilirla in modo pragmatico. L’Italia ad esempio potrà optare per una divisione in regioni, la Francia in dipartimenti, la Germania in Landkreis o Land, mentre uno piccolo Paese  come la Lituania potrà scegliere di essere considerata un’unica zona. In alcuni casi, se necessario, si potrà considerare anche una metropoli da sola. 

Una zona viene contrassegnata in verde quanto l’origine di ogni trasmissione è nota e il tracciamento possa impedire un’ulteriore diffusione incontrollata delle poche infezioni rimanenti. A quel punto è in grado di tornare alla normalità: i bambini possono andare a scuola, i ristoranti, il turismo e le altre imprese riaprire. Chi viaggia potrà spostarsi liberamente all’interno di una zona verde o tra due zone verdi. Naturalmente sarà necessario vigilare, attraverso restrizioni agli spostamenti, per evitare la reintroduzione locale del virus e, in caso di ripresa delle infezioni, tenersi pronti ad applicare misure preventive mirate, rapide e coerenti, compreso il tracciamento delle varianti. I viaggiatori provenienti da zone non verdi saranno tenuti a presentare un test negativo al loro arrivo e ad osservare una quarantena. Occorrerà inoltre istituire un sistema efficace per monitorare coloro che si spostano per motivi di salute o lavoro e prestare particolare attenzione ai luoghi che accolgono un gran numero di visitatori.

Gli sforzi per diventare zona verde valgono la pena di essere compiuti? Certamente. Dal punto di vista economico ed sociale, la quasi totalità dei costi dovuti alle chiusure viene compensata dai vantaggi legati a un’uscita rapida dalla morsa della pandemia. Salute pubblica e prosperità economica non sono obiettivi in conflitto ma complementari. La prospettiva di un ritorno sicuro alla normalità permetterà inoltre di lottare contro la stanchezza crescente della popolazione, motiverà e restituirà un sentimento di autonomia alle comunità locali. Anche se sembra difficile riuscirci, alla luce degli elevati livelli di contagi osservati attualmente in Europa, ricordiamoci che l’estate scorsa la maggior parte delle regioni e degli stati erano zone verdi grazie ai lockdown simultanei instaurati. Fuori dal nostro continente, la politica strategica di eliminazione ha avuto successo, in particolare in Cina, Corea del Sud, Thailandia, Vietnam, Nuova Zelanda e Australia. Più zone verdi avremo e più sarà possibile concentrare supporto sanitario ed economico nelle zone rosse per renderle velocemente verdi. La visione a lungo termine è un’Europa come un mare di zone verdi con solo pochi focolai di breve durata nelle singole isole rosse che possono essere controllati con misure locali piuttosto che nazionali.

Puntare all’obiettivo zero Covid rappresenta una chiave per attraversare la pandemia con danni minimi. L’Europa non deve lasciarsi sfuggire l’occasione di capitalizzare la sua forza e la sua unità. Un piano coordinato costituisce il modo più efficace per eliminare il virus sul nostro continente, evitando la chiusura unilaterale delle frontiere. I leader europei hanno mostrato la volontà di superare gli ostacoli politici e burocratici per poter raccogliere la sfida lanciata dal virus. Come scienziati rivolgiamo un appello ai nostri leader e concittadini: uniamoci attorno all’obiettivo di eliminazione del virus e lavoriamo alla creazione di una zona verde duratura per tornare alla normalità il prima possibile“.

Lettera firmata da:

Antoine Flahault, direttore dell’Istituto Global Health, Svizzera
Giulia Giordano, teorica sistemi e controlli, Università di Trento, Italia
Miquel Oliu-Barton, matematico, Università di Paris-Dauphine, Francia
Bary Pradelski, economista, CNRS, Francia
Toni Roldan, direttore del Centro di politiche economiche Esade EcPol, Spagna
Devi Sridhar, ricercatore in sanità pubblica, Università di Edimburgo , Regno Unito
Guntram Wolff, direttore Bruegel Institute, Belgio

Qui l’elenco completo delle firme

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