Febbraio 24, 2021

Un Tricolore per cui morire

Tornare in Italia avvolti nel Tricolore, ricevere onori militari, accoglienza dalle più alte cariche dello Stato: l’ambasciatore Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci non avrebbero mai immaginato per loro stessi un destino simile.

Il 99% degli italiani, a dirla tutta, neanche sapeva della loro esistenza: non sapeva che Congo e Repubblica Democratica del Congo fossero due cose diverse, non sapeva che in questo sperduto Stato africano l’Italia avesse financo un ambasciatore, una missione diplomatica, dei carabinieri in servizio.

Una cospicua parte di nostri concittadini non è neanche a conoscenza delle mansioni di un ambasciatore: forse lo immagina recluso in ambasciata, pronto ad offrire asilo al fuggitivo di turno, come nei film, quando varcare la soglia dell’avamposto del proprio Paese in terra straniera equivale a salvarsi la pelle.

Luca Attanasio invece il ruolo di diplomatico lo esercitava a tutto tondo: sporcandosi le mani, incontrando persone, facendo onore al buon nome dell’Italia. Con generosità, intelligenza, coraggio, altruismo.

Forse una di queste qualità gli è costata la pelle. Forse gli sarebbe bastato essere un grigio funzionario, trascorrere le giornate giocando al solitario del proprio computer, per poter tornare a casa dalla sua famiglia.

Così Vittorio Iacovacci: da carabiniere avrebbe potuto scegliere una carriera più semplice, meno pericolosa, ma questo ragazzo di 30 anni era carabiniere fino al midollo. E un vero carabiniere porta il suo turno di guardia fino in fondo: morto Luca Attanasio, l’ambasciatore che lui era chiamato a proteggere, era pressoché scontato che Iacovacci avrebbe fatto la stessa fine.

Cosa ci insegna questa storia? Probabilmente niente di cui sapremo fare tesoro, niente che eviteremo di dimenticare. Non sarà la morte di questo ambasciatore a farci conoscere le vite e i volti dei nostri diplomatici in giro per il globo, a farci rendere conto che l’Italia abita il Pianeta, e che il mondo non è sempre quello che ci viene raccontato. Resta quell’immagine, la mano dello Stato sulle bare avvolte da quella bandiera sbiadita forse in patria, non nei cuori di chi vi ha sacrificato la vita, di chi ha accettato il rischio, di chi ha pensato che sì, c’è un Tricolore per il quale valga la pena addirittura morire.

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