Maggio 6, 2021

Elezioni Scozia: Sturgeon sfida Boris Johnson, sognando la Scoxit

In una fresca mattina del settembre 2014, la stessa in cui ebbe a celebrarsi l’ultimo referendum per l’indipendenza della Scozia, l’allora sindaco di Londra, un tale di nome Boris Johnson, augurò agli abitanti delle Highlands – con chiaro intento provocatorio – una “sostanziosa colazione inglese“. Anni dopo, forte della vittoria del No in quella consultazione, ma soprattutto dall’alto della condizione di primo ministro del Regno Unito, BoJo avrebbe confermato di non essere in vena di concessioni all’omologa scozzese, Nicola Sturgeon, ribadendo che “quel referendum vale per una generazione, se ne riparla nel 2050“.

Eppure non basta l’antipatia – ben corrisposta – nutrita in Scozia nei confronti di Boris, né il desiderio di mandare stavolta a lui una colazione di traverso, per spiegare la tensione che anima una delle elezioni più importanti dell’anno.

Non che sia in discussione il partito vincitore delle elezioni parlamentari in programma oggi. Secondo gli ultimi sondaggi lo Scottish National Party di Sturgeon conduce con oltre 20 punti di margine su Conservatori e Laburisti, entrambi unionisti. Su questo fronte la partita è chiusa da tempo: game, set and match. Ciò che sarà realmente rilevante è la proporzione di questo successo annunciato: vittoria o trionfo? A valanga o in affanno?

Impostata la campagna elettorale come un secondo referendum sull’indipendenza, quasi fosse un prologo per chiedere conto a Londra di un’altra – eterna – chance per auto-determinarsi, il partito di Sturgeon è accreditato dai sondaggi di 65 seggi su 129 disponibili.

Sarebbe maggioranza assoluta, facendo peraltro a meno dei voti dei Verdi, ma soprattutto di quelli dell’ex mentore Salmond. Amico-nemico della Sturgeon, già premier scozzese per 7 anni, prima di affondare sotto i colpi di accuse di molestie – archiviate – cui rispose ammettendo di non essere “un santo“, ma puntando il dito proprio contro Sturgeon e il marito, artefici a suo dire di un complotto per sottrargli lo scettro.

Nicola Sturgeon accused of 'weasel words' ahead of bombshell Alex Salmond  evidence TODAY | Politics | News | Express.co.uk
Sturgeon e Salmond

Certo, qualcuno potrebbe replicare che a quelle latitudini non sempre le rilevazioni sono affidabili. Do you remember Brexit?

Allora, prima di lanciarsi in profezie che rischierebbero d’essere smentite al primo exit-poll, meglio attendere lo spoglio, concentrarsi su ciò che è invece possibile analizzare, ipotizzare scenari concreti.

Come sempre è necessario partire dalla realtà: dirsi dunque che Brexit, al di là del racconto che ne è stato fatto in Europa, non è stata una questione legata a soldi, burocrazia, immigrazione e pesca. Tutt’altro.

Chi l’ha pensata – gli inglesi – l’ha realizzata allo scopo di creare uno iato tra Edimburgo e Bruxelles, nel convincimento che l’Unione Europea stesse troppo allargando le maglie del Regno, sempre più Disunito, facendo credere alle “province“, Scozia su tutte, di essere quasi un’entità autonoma. Quanto gli inglesi, abituati a guardare sempre dall’alto verso il basso le popolazioni di origine celtica, a schiacciarle sotto il peso del proprio tallone, non potevano accettare.

Da qui la scelta di aggiungere un grado di separazione, l’idea di ordire un tranello.

Minacciarono dunque la Scozia di essere pronti a porre il veto su un suo possibile ingresso nell’Unione Europea, qualora avesse vinto il Sì all’indipendenza dal Regno.

Rendendo concreto il rischio di isolamento, lontani dagli inglesi e pure dall’Europa, pur con le cattive convinsero gli scozzesi ad evitare salti nel vuoto.

Se non fosse che, neanche due anni più tardi, questi ultimi si ritrovarono ugualmente a mezz’aria, loro malgrado, per via del Brexit. Pur votando in massa per restare in Europa. Trascinati contro il loro consenso in un’impresa di cui ancora oggi non condividono l’impianto, della quale faticano a comprendere il senso.

Ridotti a cantare con gli occhi lucidi il “Valzer delle candele” all’Europarlamento, ad intonare i versi del poeta scozzese Robert Burns, a chiedersi e a chiedere, retoricamente, inutilmente, “le vecchie conoscenze dovrebbero essere dimenticate e mai più ricordate?“.

Si arriva così ad oggi, alla pretesa di giocarsi un nuovo referendum sull’indipendenza perché Londra ha cambiato le carte in tavola, e gli scozzesi hanno diritto di esprimersi. Per questo Sturgeon non esita a definire quelle odierne “le più importanti elezioni della nostra storia“. Ben sapendo che comunque vadano le cose, anche in caso di successo dirompente, dall’odiato BoJo si sentirebbe ripetere la stessa filastrocca: “Abbiamo già dato, c’avete già provato“.

Non è per dispetto che Londra si oppone. E neanche per sconfinato amore nei confronti degli scozzesi, nemmeno fossero cugini dai quali non intenda separarsi per questioni di sentimento. Piuttosto per amor proprio, per chiara per consapevolezza di non poter rinunciare alla profondità difensiva che i territori del Nord le assicurano. A meno di non scendere a patti con l’idea di essere esposta alle mire di una potenza ostile che domani si svegliasse e decidesse di assaltare l’Isola. Discorsi che faranno forse sorridere i contemporanei, convinti chissà perché che la guerra sia un retaggio del passato, calati in un mondo ideale dove i conflitti si risolvono per trattato. Salvo scoprire – si veda Brexit – che i contratti tra nazioni valgono, sì, fino a quando una di queste decide che non le convengono abbastanza.

Il rischio di finire in un pantano di stampo catalano esiste. Nessuno dei contendenti se lo nasconde.

Affissa sul muro esterno del St Bartholomew’s Hospital, il più vecchio ospedale di Londra, l’iscrizione al patriota scozzese più amato di tutti i tempi, sir William Wallace, si chiude con una frase in latino che si traduce così: “Ti dico il vero, la libertà è la migliore delle cose. Figli, non vivete mai un’esistenza da schiavi“.

St Bartholomew's Hospital - Sir William Wallace : London Remembers, Aiming  to capture all memorials in London

Qualcosa di simile lo disse anche il Braveheart cuore impavido cinematografico, interpretato da uno straordinario Mel Gibson, per invogliare i combattenti scozzesi a sfidare la superiorità numerica degli inglesi:

“Agonizzanti in un letto, fra molti anni da adesso, siete sicuri che non sognerete di barattare tutti i giorni che avrete vissuto a partire da oggi per avere l’occasione, solo un’altra occasione, di tornare qui, sul campo ad urlare ai nostri nemici che possono toglierci la vita, ma non ci toglieranno mai la libertà?”

La storia dice che gli inglesi non riuscirono mai a sconfiggerlo in battaglia, dovettero così ricorrere all’inganno per catturarlo. Prima di farlo a pezzi a colpi di scure ed infilare la sua testa su un palo del London Bridge, costante ammonimento per ogni ambizione ribelle.

Qualcuno potrebbe dire che la storia si è ripetuta. Non su di un sol uomo, ma per tutta la Scozia. Tradita dagli inglesi. Condannata a condividerne il destino.

Oggi il popolo di William Wallace deciderà se sfidare ancora il peso massimo da cui si sente oppresso, se scendere nuovamente in battaglia. Politica, s’intende.

Che poi l’urlo finale non sia “Freedom!” come nel film, prima del colpo del boia, ma “Scoxit!“, poco importa.

Quel cuore impavido sarebbe fiero.

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