Agosto 19, 2021

Intervista a Cangini: “Biden ha detto ‘America First’. Draghi può guidare l’Europa”

D. Senatore Cangini, non possiamo che iniziare da un commento sul vero grande tema di questi giorni, la crisi in Afghanistan.

C. Intanto colgo un’incongruenza: molti di coloro che in queste ore stanno criticando gli Stati Uniti per aver preteso di esportare la democrazia, concetto discutibile, sono gli stessi che poi dicono “è una vergogna il disimpegno americano, lascia spazio ai Talebani“. E allora delle due l’una. Errori ne sono stati compiuti tantissimi, ma il principio di esportare la democrazia era per me apprezzabile”.

D. Lei ha paventato il rischio di una saldatura tra fondamentalisti islamici e Cina.

C. Questo è ufficiale, il ministro degli Esteri di Pechino ha ricevuto le delegazioni talebane. Da un punto di vista cinese c’è un doppio interesse. Uno: avere il monopolio delle estrazioni minerarie in Afghanistan, e quindi dei rifornimenti di tutti quei materiali necessari per lo sviluppo tecnologico, la costruzione delle batterie elettriche, il litio, le terre rare eccetera. Se così fosse, se la Cina dovesse riuscire ad avere l’esclusiva delle miniere ora sotto il controllo dei Talebani, sarebbe uno scompenso importante a livello globale, non credo nell’interesse dell’Occidente.

D. E l’laltro interesse?

C. Mi par di capire che la Cina sia preoccupata dalla saldatura ideologica tra la minoranza vessata e perseguitata degli Uiguri nella regione dello Xinjiang e il fondamentalismo islamico, in questo caso talebano. Probabilmente dal loro punto di vista un accordo serve anche ad evitare che si saldi questo asse. In entrambi i casi, la Cina va contenuta a mio avviso, pur rimanendo un partner commerciale importante evidentemente. La vocazione imperiale della Cina, che è nei fatti, non è nell’interesse dell’Occidente.

D. Qual è a suo avviso l’aspetto decisivo della vicenda afgana? E qual è la lezione che dobbiamo apprendere da europei?

C. Il problema vero è il disimpegno americano, che non nasce con Biden, e non nasce a dir la verità neanche con Trump, ma ha inizio con Obama. In questo c’è una perfetta continuità tra la politica estera dei tre presidenti. Biden sostanzialmente l’altro giorno ha detto alla nazione: “America First“. Lo ha detto in maniera educata, gentile, garbata, non alla maniera di Trump ma la sostanza è veramente la stessa. Questo ora interpella l’Europa: adesso è ufficiale quel che era già evidente da anni a chiunque avesse voglia di porsi il problema.

D. Chiariamolo anche ai meno avvezzi di geopolitica.

C. Non possiamo più contare sulla protezione americana, sul fatto che gli USA come elemento ordinatore del caos globale faranno il nostro interesse. Gli Stati Uniti si stanno disimpegnando dal mondo, stanno privilegiando la politica interna rispetto alla politica estera. Questo obbliga l’Europa a darsi una dimensione politica e a darsi strumenti di difesa dei singoli Stati. Nessuno Stato europeo può illudersi di far da solo, perché abbiamo di fronte dei colossi, a partire dalla Cina. Mi auguro ci sia una resipiscenza.

D. Dunque “America is back” di Biden era solo uno slogan?

C. Temo che dal punto di vista sostanaziale, al di là delle buone maniere e sicuramente di una maggior disposizione al dialogo e ai rapporti bilaterali, non sia cambiato molto tra l’era Trump e quella Biden.

D. Chi pensa possa suonare la sveglia per un Vecchio Continente orfano degli USA?

C. Draghi è in questa fase il leader più autorevole d’Europa – tra un mese esce di scena la Merkel, Macron ha i suoi problemi – e sicuramente ha uno spirito europeista giusto per spingere in questa direzione. Mi auguro che per una congiunzione astrale fortunata, e per la volontà e determinazione degli attori politici a partire da Mario Draghi, si riesca a fare più di un passo verso una difesa comune europea, proprio perché è ormai evidente a tutti che non se ne può fare più a meno.

D. A proposito di Mario Draghi, spesso viene descritto dinanzi ad un bivio: restare a Palazzo Chigi o puntare al Quirinale. Come lo vedrebbe a capo della Commissione europea? Anche questa potrebbe essere un’opzione…

C. Lo vedrei bene, ma quello è un appuntamento successivo alla fine di questa legislatura. Io credo sia nell’interesse dell’Italia che il processo di riforma legato ai finanziamenti del PNRR avviato dal governo Draghi si porti avanti il più a lungo possibile. Sono finanziamenti condizionati allo stato di avanzamento delle riforme. Temo che nessuno potrebbe far meglio di questo governo, con tutte le sue contraddizioni e i suoi conflitti. Quindi mi auguro che Draghi rimanga nel ruolo che attualmente sta svolgendo fino alla fine della legislatura e a quel punto valuterà se concorrere alla carica di presidente della Commissione o simili.

D. Dunque meglio Draghi premier che capo dello Stato…

C. Non credo sia realistica l’idea di Draghi che continua a gestire la politica interna ed economica italiana dall’alto del Quirinale. Il potere del capo dello Stato nella storia repubblicana italiana esiste nella misura in cui viene meno il potere del presidente del Consiglio e le maggioranze che sostengono i governi si sfarinano. Qualora ci fosse una maggioranza stabile, con qualsivoglia presidente del Consiglio, di centrodestra o di centrosinistra, il potere di condizionamento di Draghi dal Quirinale sarebbe esiguo.

D. Lei ancora nei giorni scorsi ha lanciato un appello a pensare al “dopo Draghi”, da tradursi in un’Assemblea costituente.

C. Il problema vero è che il nostro sistema Paese, a partire dal nostro sistema istituzionale, è fragile, va corretto. Le riforme del PNRR vanno nella giusta direzione ma non c’è riforma che non abbia bisogno di una riforma costituzionale coerente. Questo Paese va messo nelle condizioni di marciare alla stessa velocità dei nostri competitori, e il sistema adesso non lo consente. Se ci fosse una classe politica vagamente avveduta, capace di guardare oltre il proprio naso…

D. La interrompo: c’è questa classe politica di cui parla?

C. (Sorride, ndr) Diciamo che la cosa abbastanza evidente è che c’è una penuria di leader politici e di uomini di Stato, che non sono la stessa cosa. Però chi vede i problemi secondo me ha il dovere di denunciarli affinché ad un certo punto vengano affrontati. Se un certo numero di personalità – ce n’è in tutti i partiti – di valore, di spessore, capaci di una visione, e un po’ meno proiettati verso il consenso immediato da social che perseguita ogni leadership politica da qualche anno a questa parte, facessero sentire la propria voce…Ce n’è davvero in tutti i partiti, anche nel Movimento 5 Stelle, che io considero nefando per tante ragioni, ci sono persone che ormai hanno capito come funziona il mondo e che potrebbero aiutare a migliorare un po’ le cose. Ce n’è nella Lega, in Fratelli d’Italia, ovviamente in Forza Italia. Se tutte le persone di buon senso e con una qualche autorevolezza, unissero le proprie voci in un coro forse quella mancanza di leadership e di punti di riferimento potrebbe essere colmata in parte. Sicuramente se tutti tacciono, privilegiando la propria convenienza partitica del momento non si va da nessuna parte.

D. Ha parlato di “convenienza partitica”. Qui il “gancio” è obbligato: non è un mistero che Lei sia stato in lizza per guidare il centrodestra a Bologna. Poi Salvini ha imposto la linea dei candidati civici. Ma non è che in realtà il problema era non essere abbastanza sovranista?

C. Non lo so, di fatto la scelta dei civici è stata una scelta confermata in tutte le piazze comunali dove si andrà a votare. Non faccio il processo alle intenzioni. Ho notato e ribadisco la singolarità di partiti che hanno candidato personalità politiche, per esempio a Bologna oltre che in Emilia-Romagna, perdenti evidentemente, e che poi improvvisamente cambiano metodo indipendentemente dal valore delle singole personalità. Contano le persone: se hai tre candidati civici competitivi va benissimo il civico, se è più competitivo del politico. Altrimenti è meglio il politico se è più competitivo del civico. Un’ovvietà. Comunque, la scelta è stata fatta, Salvini si è assunto la responsabilità nel farla. Presto sapremo se aveva ragione o torto.

D. Restiamo nel centrodestra: che fine ha fatto l’associazione “Voce Libera” fondata da Mara Carfagna, e a cui Lei stesso ha aderito, che sembrava poter dare nuovo impulso alla componente moderata e liberale di Forza Italia?

C. Diciamo che è in stand-by. Mara Carfagna e tutti quanti noi, nei diversi ruoli, abbiamo la priorità di cercare di far bene dal governo nel Paese. Abbiamo tutti una enorme responsabilità, anche i parlamentari, non soltanto chi è al governo. Non è il momento delle divisioni, è il momento del lavoro e del realismo.

D. Come vede il futuro di Forza Italia? È destinata ad essere relegata al ruolo di junior partner della Lega nel partito unico di centro-destra?

C. Questo dipende dalla volontà del Fondatore. Forza Italia come sappiamo non è un partito tradizionale, è un partito carismatico quindi dipende per intero, che piaccia o no, dalle decisioni del leader carismatico che l’ha fondato. Mi pare di capire che la decisione di Berlusconi, ad oggi, vada più nella direzione del rompete le righe e dell’ideale costruzione di un partito liberal-conservatore insieme alla Lega. Il ché, in astratto, la nascita di un partito forte, autorevole, che incarni i reali valori dell’Occidente e del pensiero liberale, atlantico, che sia realmente ancorato all’Europa, sarebbe una cosa buona. Chiaro che per farlo devi stilare una carta dei valori, condivisi da tutte le anime del partito, devi forse rivedere lo statuto del partito maggiore ospite, quindi della Lega, in modo che ci siano spazi per le minoranze…Insomma, ci vorrebbe un processo costituente, sciogliere Forza Italia nella Lega da un giorno all’altro non servirebbe a realizzare qualcosa di nuovo.

D. Lei insomma non farebbe questa scelta…

C. Non so nulla di questo processo. Non so se è stato avviato, non so chi se ne sta occupando, non so su quali basi se ne sta parlando, e se se ne sta parlando. Bisogna vedere se e come questa idea prende corpo, perché potrebbe essere una cosa sensata e utile al Paese, oltre che al centrodestra, oppure no. Dipende tutto da come verrà gestita e se verrà gestita. Presto per dirlo.

Staremo a vedere allora, grazie senatore Cangini. E alla prossima.

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