Ottobre 1, 2021

Papa Francesco, i suoi nemici, la geopolitica del Vaticano: intervista a Marchese Ragona

Fabio Marchese Ragona, vaticanista Mediaset, pochi mesi fa ha realizzato un’esclusiva mondiale: intervistare papa Francesco nella residenza Santa Marta in Vaticano. Lo contatto perché in un mondo che sperimenta una preoccupante carenza di leader, si staglia la figura di un Santo Padre che giganteggia con la sua autorevolezza e la sua visione. Voglio discutere con lui dell’indole di Bergoglio, dei suoi nemici dentro e fuori la Chiesa, ma anche di quella che potremmo definire “geopolitica del Vaticano“. A partire dalla più importante sfida di quest’epoca, quella tra USA e Cina.

D. La normalizzazione dei rapporti fra Santa Sede e Pechino è stata giudicata negativamente dagli Stati Uniti, ormai in netta contrapposizione con la Cina a livello geopolitico. La tesi è che l’accordo del 2018 sulla nomina dei vescovi – rinnovato nel 2020 – potesse essere letto come una “benedizione” da parte del Vaticano nei confronti di Pechino. L’allora segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, si spese fino all’ultimo per evitare che l’intesa fosse rinnovata, appellandosi alla posizione morale della Chiesa. Cos’è cambiato con l’avvento dell’amministrazione Biden? L’accordo è stato prolungato fino al 2022. Secondo te è lecito attendersi una pressione da parte di Washington affinché la Santa Sede modifichi la sua posizione?

MR. L’allora amministrazione Trump – con il Segretario di Stato Mike Pompeo – era su posizioni decisamente lontane da quelle di Papa Francesco su diversi temi (come il clima, i migranti o appunto il dialogo con la Cina). Non dimentichiamo, peraltro, che le esternazioni di Pompeo sono arrivate via Twitter in piena campagna elettorale per il rinnovo della carica di Presidente degli Stati Uniti d’America e vanno lette chiaramente anche in chiave politica. Non a caso, monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati, cioè il ministro degli esteri del Vaticano, ha subito voluto mettere un punto parlando di “tentativo di strumentalizzare il Papa” riferendosi anche ad una successiva partecipazione dello stesso Pompeo ad un simposio sulla libertà religiosa. Nel frattempo il Vaticano, come sappiamo, non si è piegato alle pressioni e ha rinnovato l’accordo con la Cina fino al 2022. Con l’arrivo del cattolico Biden, posizioni pro-aborto a parte, ci sarà probabilmente, rispetto al recente passato, un rapporto diverso tra Santa Sede e USA e non penso che la Casa Bianca interverrà a gamba tesa, come accaduto con Trump/Pompeo, su questioni che non la riguardano direttamente.

D. Joe Biden, come hai sottolineato, è il primo presidente americano cattolico dai tempi di JFK. Eppure l’esponente democratico è favorevole al diritto all’aborto. Qual è il rapporto tra questo Papa e l’amministrazione Biden? E’ ipotizzabile a tuo modo di vedere un incontro fra i due leader nei giorni del G20 a Roma il prossimo ottobre?

MR. Penso che, come da antica consuetudine, ci sarà un’udienza a Roma del Papa al presidente Biden e non è affatto da escludere che l’occasione possa essere proprio durante la prossima visita del presidente USA a Roma per il G20 di ottobre. Sono convinto che, dopo il primo faccia a faccia che ci sarà, si potrà meglio delineare quali saranno i punti d’incontro e quelli eventuali di disaccordo. Non dimentichiamo che il Papa è stato molto chiaro anche su quanto accaduto in Afghanistan, dicendo, in un’intervista alla radio della Conferenza Episcopale Spagnola, COPE; che “per quanto posso vedere non tutte le eventualità sono state prese in considerazione“. Lo stesso quotidiano della Santa Sede, L’Osservatore Romano, ha aggiunto: “L’Occidente, in particolare chi ha avuto un ruolo di responsabilità in Afghanistan, dovrebbe farsi carico di programmare in tempi brevissimi concrete azioni di sostegno e accoglienza“. Ci sarà, certamente, tanta carne al fuoco su cui discutere. 

D. Il rapporto tra il Papa e gli Stati Uniti può essere intaccato da quello non “idilliaco”, per usare un eufemismo, tra il Papa e la Chiesa americana? 

MR. Le due cose viaggiano su binari diversi: un conto è il Governo americano e un conto è l’episcopato e la Chiesa statunitense. Nel caso dell’amministrazione Trump non è un mistero che diversi esponenti della Chiesa americana, residenti in Curia e negli USA, fossero in stretto contatto con i collaboratori di Trump se non addirittura con lo stesso Presidente. Questo, ovviamente, contribuiva a creare un clima più teso e soprattutto, in caso di comunione di vedute, ad avere una linea che si contrapponeva più prepotentemente a quella del Pontefice. Con il cambio di amministrazione, ribadendo la distanza abissale sul tema della tutela della vita, penso che il clima sia decisamente cambiato: non perché Biden sia buono e Trump cattivo ma semplicemente perché credo si sia ristabilito un distante equilibrio tra le due realtà. 

D. Sensibilità ai temi del cambiamento climatico, numerosi appelli all’accoglienza dei migranti, richiesta di solidarietà nella distribuzione dei vaccini, lotta alla corruzione: come si fa a dire che questo Papa non sia un politico? Attenzione, la mia non è una critica ma un plauso: la posizione del Santo Padre è riconoscibile, chiara su tutti i temi caldi anche a coloro che non sempre seguono i telegiornali. Pensi che questo modo di agire, questa volontà di essere molto “reattivo” sui vari dossier sia un tratto distintivo dell’uomo Bergoglio – dunque avrebbe deciso di comportarsi in questo modo in qualsiasi epoca – o sia invece una scelta che il Papa ha fatto ritenendola la migliore per il Pontificato in questa precisa fase storica?

MR. Non c’è una strategia o un pensiero dietro alle sue scelte! Non dimentichiamo chi era Jorge Bergoglio prima di diventare Papa Francesco: parliamo di un gesuita che nella sua vita pastorale a Buenos Aires, nel contesto in cui ha vissuto sin da bambino, è sempre stato abituato, come arcivescovo o come provinciale dei gesuiti, a confrontarsi con la realtà che lo circondava, toccando con mano la miseria umana, denunciando e intervenendo su questioni d’attualità. Adesso, da Pontefice, è tutto ovviamente più amplificato, ma è sempre rimasto se stesso. Per questo, il Papa tocca temi che magari in passato erano considerati tabù: lo fa semplicemente perché lo ha sempre fatto. Anche durante il suo recente viaggio in Slovacchia, parlando con i confratelli gesuiti ha fatto notare che anche dentro la Chiesa “alcuni mi accusavano di non parlare della santità. Dicono che parlo sempre del sociale e che sono un comunista. Eppure ho scritto una Esortazione apostolica intera sulla santità, la Gaudete et exultate“. 

D. “Sto bene, alcuni mi volevano morto, stavano già preparando un Conclave“. Sono le parole pronunciate qualche giorno fa dal Papa. A qualcuno potrebbe sembrare il trailer un film, ma di trame del genere la storia del Vaticano è piena. Se dovessi tracciare un identikit, anche generico, come descriveresti i nemici del Papa?

MR. I nemici di questo Papa sono quelli che non accettano le riforme e i cambiamenti, a cui piace il “quieto vivere”. Devono scontrarsi con un Papa che ha deciso di scardinare una nicchia di privilegi e potere all’interno della Curia Romana. E tutto questo ovviamente appesantisce ancor di più il clima all’interno delle stanze vaticane. Le critiche più forti al Pontefice sono arrivate, per ben altri motivi, in particolare da esponenti del mondo più legato alla tradizione che non hanno accettato alcune prese di posizione del Pontefice su temi quali la comunione ai divorziati-risposati, le aperture al mondo omosessuale o per il più recente Motu proprio “Traditionis custodes”, provvedimento del Papa che ritira alcune concessioni a favore dell’uso del Messale Romano pre-conciliare.

D. Ormai da anni esiste una corrente di pensiero complottista secondo cui Papa Francesco sarebbe un abusivo. Anche il papa emerito ha preso posizione: “Non ci sono due Papi. Il Papa è uno solo…“. Eppure gli irriducibili si sono appellati: “Non ha detto quale…“. Come giudichi la comunicazione della Chiesa sotto questo aspetto? E quanto c’è di vero in chi sostiene che tra Benedetto XVI e Francesco vi sia una profonda discontinuità “politica”, al punto che molti politici di destra, più o meno velatamente, strizzano l’occhio al precedente pontificato?

MR. Parlando della Chiesa non si può semplificare dicendo “questo è di destra, quello è di sinistra”, la questione è ben più complessa. E’ anche vero che, diversi analisti hanno da sempre identificato Ratzinger come uomo più vicino alle idee care alla politica di destra e Bergoglio a quella di sinistra. Questo dipende da quali priorità un Papa decide di mettere “in agenda” nel suo Pontificato. Mentre Benedetto XVI, nei suoi anni da Papa ha insistito principalmente sulla riscoperta e la tutela delle radici cristiane dell’Europa e sulla battaglia al relativismo etico, Francesco ha messo al primo posto la misericordia, l’attenzione agli ultimi, le questioni più sociali. Ma tra i due pontefici non si può parlare di “discontinuità”. Possono esserci attenzioni diverse ma mai una rottura col passato. Purtroppo qualcuno ha giocato negli anni a metterli in contrapposizione per questioni propriamente politiche, accusando Francesco di essere un “impostore” o addirittura un “abusivo“. E’ dovuto intervenire lo stesso Benedetto XVI, di recente, dicendo che tanti suoi sostenitori, definendoli “fanatici”, non hanno accettato la sua scelta. E che il Papa è uno, ed è Francesco.

Grazie mille Fabio, alla prossima.

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