Ottobre 27, 2021

Ddl Zan, fallimento Pd: perché lo scaricabarile su Renzi stavolta non funziona

Il primo commento di Enrico Letta dopo l’approvazione della tagliola in Senato che ha affossato il ddl Zan è stato il seguente: “Hanno voluto fermare il futuro. Hanno voluto riportare l’Italia indietro. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato. Ma il Paese è da un’altra parte. E presto si vedrà“.

Hanno voluto? Hanno voluto chi? Bel modo di analizzare una sconfitta: ricorda i tentativi di convincere mamma che i brutti voti a scuola erano colpa dei prof che non capivano, non del poco studio. Chissà perché però mamma non c’è mai cascata. E non si capisce perché dovrebbero farlo gli italiani.

Sì, perché al di là della narrazione di queste ore da parte di Pd e 5 Stelle, al di là del tentativo di adossare su Italia Viva e sul centrodestra le responsabiltà della sconfitta, il fallimento del disegno di legge porta in calce la firma del Partito Democratico e del suo segretario.

Prendiamolo sul serio, il discorso di Enrico Letta. A partire dagli inguacchi.

Era il 14 luglio: Forza Italia e Lega chiedono di sospendere l’esame del ddl Zan. La sospensiva non passa per un solo voto di scarto: finisce 136 a 135. Decisiva Italia Viva che sceglie di schierarsi con l’ormai ex coalizione giallorossa.

In quella circostanza chi conosce la politica e l’Aula mette in guardia. Renzi è fra questi. Leggete queste parole: “Il mio appello è molto semplice, si faccia un accordo sui punti legati all’articolo 1, 4 e 7 e, fatto questo, si chieda a tutte le forze politiche di portare la discussione alla Camera entro 15 giorni. (…) Se invece si va allo scontro, avrete distrutto la vita di quei ragazzi“, dice Renzi riferendosi alle vittime di violenze di omofobia. Ettore Rosato di Italia Viva è ancora più chiaro: “Un voto, uno solo. E’ chiaro quello che facilmente accadrà alla prima votazione a scrutinio segreto, bisognerà rincorrere i Ciampolillo sperando che serva a qualche cosa“.

E’ chiaro, sì. Ma il Pd di Enrico Letta si impunta, rifiuta ogni qualsivoglia compromesso. Ha l’arroganza di credere che la legge Zan sia la migliore possibile (e non lo è) ma, cosa ancora più grave, ragiona come fosse partito di maggioranza assoluta, allontanando ogni possibilità di dialogo con il centrodestra.

Intendiamoci: il centrosinistra non avrebbe dovuto dialogare per chissà quale fair play, ma per proteggere la legge. Senza quei voti, come si è visto, il provvedimento non sarebbe mai passato.

Tutti lo sanno, tutti lo dicono. Eppure non c’è verso di convincere i dem ad aprire: ormai è una questione di puntiglio, non è più politica, è orgoglio. La conferenza dei capigruppo rinvia l’esame del ddl a dopo la pausa estiva, e i maliziosi capiscono che tira brutta aria: il Partito Democratico e i 5 Stelle si stanno mettendo al riparo da un eventuale flop prima delle amministrative. Così è.

Si arriva ad ottobre. A ridosso del voto, Letta dà mandato ad Alessandro Zan, primo firmatario della legge, di avviare un’esplorazione con gli altri partiti per arrivare a “modifiche ma non sostanziali“. Da Pd e M5s sono chiari: “Su identità di genere ed educazione nelle scuole non si tratta“. La domanda, che sorge spontanea, è la seguente: se non si può trattare su questi temi – i più divisivi – a che serve parlare? Risposta: a niente. Perché anche l’ultima proposta di rinvio viene respinta: Letta va come un treno. Contro un muro.

Dei 145-149 voti preventivati dal centrosinistra contro la “tagliola” del ddl Zan alla fine ne arrivano solo 131. Tradotto: il centrodestra ha fatto il centrodestra, è rimasto coerente col suo no alla legge (e non è escluso che in coscienza qualcuno abbia votato contro le indicazioni di partito). Decisivi sono stati – come sempre – i franchi tiratori nel centrosinistra. Dei renziani erano presenti 12 senatori: anche ipotizzando (assurdamente) che abbiano votato tutti per affossare la legge sono meno dei 14-18 franchi tiratori risultati decisivi.

Ecco perché il fallimento di oggi non può essere attribuito a Matteo Renzi. Ecco perché il fallimento è del Pd di Enrico Letta e dei suoi alleati. Ecco perché il solito, prevedibile, scaricabarile questa volta non funziona.

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12 commenti su “Ddl Zan, fallimento Pd: perché lo scaricabarile su Renzi stavolta non funziona

  1. Condivido in toto l’ottusità di Letta e del gruppo dirigente PD.
    Se non si spoglia dei rancori del passato (non saprei quanto giustificati) sicuramente non potrà mai esprimere la migliore sinistra possibile.

  2. che schifo ! una vera vergogna , l’Italia è sempre vecchia … non ci sono mai cambiamenti sani … la politica gestita da mafiosi ! poi ci si chiede perchè molti giovani scappano dal loro paese, e fanno bene , non vedo l’ora di farlo anche io ben presto! FATE CAGARE !!

  3. Come da sempre accade in Italia la politica non è al servizio del popolo ma è il popolo tutto suddito dei politici. Difendere politici che usano il loro mandato come fossero in un gioco di società, facendosi dispetti e arroccandosi permalosamente su posizioni di comodo personali e inette per non dire di peggio … È. Davvero avvilente. Per non parlare di chi si permette il lusso di disertare lavori e votazioni…. Che rigetto irrefrenabile questa politica Italiana.

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