Geopolitica della racchetta. Il caso Peng Shuai infiamma lo scontro USA-Cina
C’era una volta la “diplomazia del ping pong“, espressione passata alla storia per raccontare come da un campionato del mondo di tennis-tavolo Richard Nixon, sotto l’attenta regia di Henry Kissinger, riuscì a giocare la Cina contro l’Unione Sovietica, evitando così che numero 2 e numero 3 potessero allearsi contro l’America in piena Guerra Fredda. Oggi lo scontro geopolitico vive un’altra fase. Il grande nemico statunitense è la Cina, lo sport è ancora protagonista, ma questa volta non crea un ponte tra Washington e Pechino, semmai alimenta la distanza tra le due sponde.
A cosa sto facendo riferimento? Al caso Peng Shuai, la tennista cinese, ex numero uno al mondo nel doppio, svanita nel nulla dopo aver denunciato su un social cinese, ad inizio novembre, di essere stata molestata sessualmente dall’ex vicepremier di Pechino, Zhang Ghaoli.
Nelle ultime settimane, dopo la mobilitazone dei colleghi della giocatrice, la vicenda si è trasformata da problema interno a caso internazionale. Quanto la Cina avrebbe voluto evitare ad ogni costo.
Ma la notizia che alza una volta di più il livello dello scontro, rendendolo di fatto geopolitico, è quella che piomba nelle redazioni di tutto il mondo nella giornata di ieri. Eccola: la Women’s Tennis Association (WTA), l’organizzazione mondiale del tennis femminile, annuncia la “sospensione immediata di tutti i tornei in Cina“.
Un lettore poco avvezzo alle questioni geopolitiche potrebbe credere di assistere ad una vicenda che al massimo intreccia lo sport e i diritti umani. Sbaglierebbe. Cosa sta succedendo? Vediamolo insieme.
Perché il caso non è sportivo ma geopolitico?
Da ieri siamo nel pieno di uno scontro geopolitico. Il motivo? La WTA non è un’associazione extraterrestre, fu fondata da tenniste americane, è guidata da un amministratore delegato americano, ha al suo vertice un presidente americano, ha sede in America. Serve altro?
La WTA è dunque prima che un’organizzazione mondiale un’associazione americana. Come lo sono Google, Facebook, Apple: quando parliamo di questi colossi, delle loro mosse, dobbiamo sempre tenere a mente che operano da soggetti statunitensi. Se così non fosse, se non godessero dello status di aziende americane, se non potessero contare sul sostegno di quella grande istituzione che risponde al nome di Casa Bianca, non avrebbero la stessa influenza sulle nostre vite. Lo stesso discorso vale per la WTA: non è l’associazione mondiale delle tenniste per caso, lo è (anche) in quanto americana.