Gennaio 30, 2022

Stile Casini: la standing ovation, la carezza di Mastella e la telefonata alla moglie: “Siamo ancora giovani”

Dire che non ci abbia creduto sarebbe fare torto all’intelligenza collettiva e alla sua storia. Perché Pier Ferdinando Casini davvero ha sperato di diventare il tredicesimo presidente della Repubblica, andandoci vicinissimo meno di 48 ore fa. In una telefonata che continua a descrivere come “bellissima” a chiunque incrocia, l’ex leader UDC racconta di aver recuperato dopo anni “un grande rapporto sul piano umano” con Silvio Berlusconi. Con la sua benedizione, coi suoi voti, sperava che ormai la biglia della sua candidatura fosse destinata a scivolare verso il traguardo sul piano inclinato dell’assenza di alternative credibili.

Forte dei voti di Matteo Renzi, che da mesi lo aveva battezzato come prossimo capo dello Stato, sostenuto dai centristi di Coraggio Italia, dai vecchi compagni di strada dell’Udc, a Casini non restava che convincere Letta, Conte e Salvini. Il primo era già d’accordo. Il secondo avrebbe ingoiato il rospo di eleggere l’uomo di Renzi pur di salvare la propria leadership. Il terzo ha segnato la fine della corsa di Pier Ferdinando. E non, come qualcuno suggerisce, per ostilità personale del Capitano. Bensì per la fronda interna ascrivibile ai leghisti nordisti che mai avrebbero accettato di ripiegare sul centrista di lungo corso.

Forte di un’esperienza troppo grande per continuare a coltivare illusioni, Casini ha mostrato doti da grande incassatore, da signore della politica. Ricevuta notizia del no, compreso che l’unico approdo possibile in quel momento sarebbe stato il bis di Sergio Mattarella, ha convocato nel giro di pochi minuti i giornalisti in una saletta della Camera per comunicare il ritiro della sua candidatura. “L’Italia non può ulteriormente essere logorata da chi antepone le proprie ambizioni personali al bene del Paese. Certamente io non voglio essere tra questi“.

La lezione di stile che Casini impartisce alla politica e al Paese è di quelle che meritano una sottolineatura. Perché nella vita è bellissimo vincere, ma è anche più importante saper perdere.

Ciò che succede dopo è una girandola di emozioni che solo la scuola democstristiana frequentata da Casini rende di possibile gestione. Mentre la delusione ancora brucia, e non potrebbe essere altrimenti, Casini raccoglie l’onore delle armi anche di chi l’ha combattuto. La standing ovation dell’Aula, le strette di mano, le pacche sulle spalle, sono il tributo della politica a chi l’ha rappresentata nella maniera più degna. Ma le carezze al cuore arrivano dagli amici di una vita. Clemente Mastella, che per giorni ha lavorato in Transatlantico per convincere i singoli parlamentari ad issare al Colle, “uno di loro, uno di noi“, certifica la sconfitta con una sola frase: “Ho lottato fino all’ultimo, Pier“. E Casini: “Lo so, fratello“.

Poi, come sempre, è il momento della famiglia. È un deputato amico a passargli al telefono la moglie, in lacrime per la delusione che sa scorrere nelle vene del marito. Pier Ferdinando Casini prende fiato, sorride, e imposta la voce con la maestria di un cantante lirico sul palcoscenico: “Cara, non piangere. Sono sereno. La vita è bella“. Guizzo finale da fuoriclasse: “E noi siamo ancora giovani…“.

 

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