Draghi si chiama fuori. Il colpo che squassa la politica: dal 2023 sono cavoli vostri
Forse mai come questo pomeriggio è stato chiaro perché mamma America, nei giorni di trattative per il Quirinale, avesse mobilitato i quadri più alti dei suoi apparati per caldeggiare il trasferimento di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Colle.
Il motivo è il seguente: Washington voleva assicurarsi che Super Mario garantisse per l’Italia da qui ai prossimi infuocati (basti vedere ciò che accade in Ucraina in questi minuti) anni. Obiezione: ma non poteva garantire Draghi dal governo? Evidentemente no. Gli Stati Uniti erano perfettamente a conoscenza dell’attitudine di Mario Draghi e del fatto che mai e poi mai sarebbe entrato nell’ottica di vestire i panni del politico politicante oltre il 2023.
Ecco, da alcuni minuti questa consapevolezza ha raggiunto l’opinione pubblica italiana e i partiti tutti.
Draghi è ai saluti.
Godiamocelo per questo anno che ci rimane, se va bene, perché il premier non guarderà in faccia a nessuno.
Certo, alcuni di questi partiti – e i loro leader in particolare – staranno probabilmente brindando alla fine del commissariamento del re dei tecnici sulla politica. C’è da comprenderli: senza Draghi in circolazione potranno presto tornare al “come prima più di prima” che ben conosciamo.
Chi non esulta è quel 60% di italiani che – numeri del sondaggio Quorum/YouTrend per Sky di oggi – ha affermato di nutrire fiducia in questo governo e in particolare nel suo leader. E che, vedrete, in cospicua parte nel 2023 deciderà di disertare il voto.
Draghi ha infatti escluso categoricamente la possibilità di continuare nel suo impegno politico o…