Luglio 8, 2022

Draghi-Conte: deadline in una settimana. M5s al Senato per lo strappo, mentre l’avvocato sogna P. Chigi…

Ha trascorso le ultime giornate cercando di capire, Mario Draghi. Perché alla fine il punto è proprio questo: tentare di comprendere le reali intenzioni di Giuseppe Conte, valutare se la lettera vergata dall’avvocato sia il pretesto per strappare o il sincero desiderio di un maggiore coinvolgimento. Molti suoi predecessori a Palazzo Chigi, per risolvere il dilemma, avrebbero mandato in avanscoperta i cosiddetti pontieri. Piccioni viaggiatori portatori di strapuntini: “Se ti offro questo tu ci stai?“. Ma Mario Draghi ha un altro stile. Così per verificare se dietro le parole di Conte vi sia sostanza politica o l’ennesimo teatro ha deciso di mettersi a lavorare.

La strategia di Draghi. La spinta dei senatori M5s per strappare

Valutare i dossier nel merito, comprendere i margini politici per venire incontro alle richieste dell’avvocato, rispettare il mandato ricevuto dalle mani di Sergio Mattarella ormai un anno e mezzo fa: essere il presidente del Consiglio di un governo di unità nazionale. È questa la road map di Mario Draghi. O la strategia, per dirla in politichese. Perché a quel punto – si ragiona a Palazzo Chigi – quando sarà chiaro a tutti che Draghi il suo l’ha fatto, nessuna tattica di temporaggiamento potrà evitare a Conte di prendere una decisione.

Per capire come andrà a finire, i tempi non saranno biblici. Al contrario. È convinzione diffusa che la soluzione dell’enigma arriverà entro e non oltre una settimana. Il capitolo finale della saga? La votazione al Senato sul decreto Aiuti. Proprio a Palazzo Madama si concentra lo zoccolo duro del Contismo: fedelissimi dell’avvocato famosi perlopiù per aver perso la partita col pallottoliere contro Matteo Renzi, dopo la promessa di “asfaltare” il rignanese.

È lì che monta l’onda di malcontento verso Draghi, che si innalza la spinta affinché Conte decida di staccare la spina. Che aria tira? Di burrasca.

Al punto che allo stato dell’arte la pista privilegiata è quella che vedrebbe i senatori M5s uscire dall’Aula al momento di votare la fiducia. Un gesto politicamente grave, che Draghi non accetterebbe di subire in silenzio, senza trarne le dovute conseguenze.

Conte e il pensiero fisso: “Torniamo a Palazzo Chigi”

Alla fine, comunque, più della capogruppo Castellone, ad avere l’ultima parola sarà Giuseppe Conte. Lo stesso che nei colloqui privati con i suoi fedelissimi si premura di ricevere garanzie sulla diffusione mediatica delle sue richieste a Mario Draghi. Non è un punto da poco. Il fatto è che il colloquio con Sergio Mattarella ha lasciato il segno: Conte non vuole passare come irresponsabile. Continua a definirsi privatamente come “un uomo delle istituzioni“, il premier che ha retto il Paese “nel momento di massima emergenza dal Dopoguerra“. Così, …

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