Novembre 4, 2022

Biden promette: “Liberemo l’Iran”: cosa dobbiamo attenderci ora

Le dichiarazioni più importanti sulla crisi in Iran dallo scoppio delle proteste per la morte di Mahsa Amini arrivano quando in Italia i più sono a letto. Le pronuncia Joe Biden, il presidente americano che lancia il segnale che milioni di iraniani attendevano da tempo.

Le sue parole arrivano in un momento inatteso, nel corso di un evento elettorale a sostegno del rappresentante democratico Mike Levin, in vista delle Midterms. Mentre dal pubblico qualcuno mostra sui cellulari lo slogan “FREE IRAN” il presidente ha un guizzo: “Non preoccupatevi, libereremo l’Iran”. È un attimo, cui segue subito dopo una precisazione che non placa l’entusiasmo della folla: “Si libereranno molto presto”.

Cosa abbia voluto dire Joe Biden non è immediatamente chiaro. Nuove sanzioni verso il governo di Tehran potrebbero essere in vista, ma il Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca rifiuta di commentare le parole del presidente. Cambia poco.

L’eco delle sue dichiarazioni raggiunge la Repubblica Islamica e penetra nelle strade dove da settimane infiammano le proteste, nonostante le minacce e le violenze del regime. Il presidente iraniano Raisi si sente così in dovere di replicare. E lo fa provocando apertamente Washington.

Parla dinanzi all’ex ambasciata americana a Tehran, nell’anniversario della sua occupazione da parte di studenti iraniani il 4 novembre del 1979, preludio della crisi degli ostaggi, 444 giorni che per l’America rappresentano un marchio d’infamia: quelli in cui 52 cittadini USA vengono tenuti sotto sequestro, rilasciati in maniera beffarda soltanto

Raisi sfrega Biden, ironizza sulla sua lucidità mentale, rigira il coltello nella piaga che più infastidisce il presidente americano: “Forse l’ha detto a causa di mancanza di concentrazione. Ha detto che ‘puntiamo a liberare l’Iran‘. Signor presidente, l’Iran è stato liberato 43 anni fa ed è determinato a non diventare di nuovo il suo prigioniero. Non diventeremo mai una vacca da mungere”. 

Raisi, Khamenei, Salami: tutti loro hanno un grande problema. Il regime può raccontare che tutto va bene, che la Repubblica Islamica è quanto di più vicino al paradiso esista in Terra. Ma gli iraniani conoscono il loro inferno quotidiano. E hanno deciso che è ora di dire basta.

Sapete, chi parla di America come potenza in declino forse non ha tutti i torti. D’altronde è il destino di ogni Numero Uno: raggiunto il vertice c’è solo la discesa. Ma le parole di un presidente americano contano ancora molto. La mia scommessa è che nelle prossime ore e nei prossimi giorni i manifestanti iraniani acquisterrano ulteriore coraggio. Scene incredibili come quelle registrate a Tabriz, con le forze di sicurezza messe in fuga dalla gente, saranno più frequenti.

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