Dicembre 15, 2022

“Kosovo-Serbia, perché l’Italia deve preoccuparsi di un’escalation nei Balcani”- Parla Margelletti

Leggenda narra che Winston Churchill, riferendosi ai Balcani, ebbe a definirli “terra che produce più storia di quanta ne possa digerire“. Fiumi di sangue hanno nel frattempo confermato questa teoria. Ma se gran parte dei media, succube della conta dei click, ha deciso più o meno consapevolmente di ignorare l’importanza della posta in gioco, questo Blog ha fatto una scelta differente. Andare a fondo delle questioni, e di questa in particolare. Per farlo, ho contattato il professor Andrea Margelletti, presidente del Ce.S.I. – Centro Studi Internazionali, massimo esperto di geopolitica.

D. Professore, proviamo a spiegare perché la stabilità dei Balcani è una questione di sicurezza nazionale oltre che una priorità strategica per l’Italia?

M. Perché in geopolitica la geografia è assolutamente determinante. I Balcani sono contigui al nostro Paese, un’instabilità “attaccata” al nostro Paese non può che riverberarsi sull’Italia. Per noi è di fondamentale importanza che nei Balcani vi sia un’area di sicurezza e, possibilmente, di prosperità.

D. Nell’immediato quali sono i rischi di un’escalation tra Serbia e Kosovo? Se si passasse dalle parole alle vie di fatto cosa dovremmo temere a suo avviso?

M. Dovremmo temere una guerra inter-etnica, tra realtà kosovare a maggioranza albanese e realtà kosovare di minoranza serba, dove nessuno si sente parte di una nazione. Noi dobbiamo puntare a far sì che non esistano minoranze o maggioranze, ma esclusivamente un sentimento di unità nazionale.

D. Cosa significherebbe l’invio di truppe serbe nel nord del Kosovo che il presidente Vucic sembra intenzionato a chiedere alla NATO?

M. Io mi auguro che l’impianto di sicurezza che ormai da molti anni permane, il contingente Kfor, possa continuare ad essere la garanzia nella regione. Vorrei ricordare – ed è stato anche un po’ il senso della missione nei Balcani del ministro della Difesa Crosetto qualche settimana fa – che proprio il comando italiano ha da sempre rappresentato un sinonimo di terzietà tra le varie realtà, proprio perché noi siamo solo tifosi della pace. E non di una parte o dell’altra.

D. Sta dicendo che la presenza italiana è una garanzia tanto per i serbi quanto per i kosovari?

M. Esattamente, questo è il senso dei contingenti a guida italiana e che caratterizza le nostre forze armate. Ed è quello che Guido Crosetto ha ribadito nella sua visita nei Balcani.

D. George Friedman nel suo ultimo editoriale mette in guardia: la Serbia potrebbe essere l’ultima scommessa della Russia per distrarre gli americani da ciò che accade in Ucraina. Che ne pensa?

M. Che la Serbia abbia da sempre un rapporto direi “privilegiato” con la Russia è un fatto acclarato e peraltro comprensibile. Ma dall’altra parte i serbi per primi desiderano entrare in quell’ambito di prosperità e di avanzamento tecnologico che è l’Europa dell’Unione. Quindi credo che i serbi per primi, pur vicini ai loro fratelli russi, si rendano conto che atteggiamenti che potrebbero ritardare un’integrazione più forte, più vicina, alle realtà europee compiute siano innanzitutto contro il loro interesse.

D. Professor Margelletti, mi permetto di chiudere questa chiacchierata con un’osservazione: a maggior ragione in queste ore così delicate, si ricava la straordinaria importanza del lavoro svolto dai ragazzi italiani guidati dal generale Ristuccia in Kosovo.

M. Quando penso alle Forze Armate italiane, e non solo agli uomini e alle donne del generale Ristuccia, penso al “made in Italy”: che non è fatto di oggetti, ma è fatto di persone. Il meglio del “made in Italy” sono le persone che l’Italia esprime. E i nostri militari ne sono un esempio cristallino.

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