Maggio 25, 2023

L’altra vita dell’altro Boris. Johnson e le conferenze negli USA (gratis) per sostenere l’Ucraina

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Capisco che possa apparire fuorimoda, slegato dalla contingenza, addirittura poco corretto. Comprendo che possa sembrare tempo perso, suscitare domande, provocare sconcerto. Prevedo che porterà a chiedersi – e a chiedermi – del perché dedicare, nel giro di una settimana, ben due approfondimenti ad un ex primo ministro non solo decaduto, ma persino caduto in rovina. Prendetevela con voi stessi, risponderei – e risponderò – insomma con tutti meno che col sottoscritto: se un blogger può godere di una comunità di lettori curiosa, oserei dire affamata, di personaggi e storie, per niente obnubilata da algoritmi di varia conformazione e cronaca spicciola, non vedo perché non dovrebbe approfittarne. Né trovo sinceramente motivi validi per risparmiarmi l’egoistico godimento di un articolo dedicato a Boris Johnson e alla sua ultima impresa. Legittimo domandarsi quale.

Sì, perché il “nostro” ne combina, realmente, più d’una al giorno. Provando a digitarne nome e cognome sul motore di ricerca che preferite, impostando i filtri “notizie” e “ultime 24 ore”, lo troverete alle prese con strascichi del Partygate costatogli per molti – non per chi scrive – la tomba politica. Meglio, incapperete in racconti ad alto tasso alcolemico, resoconti di inenarrabili ritrovi fra amici in tempo di lockdown a Chequers, sacra residenza di campagna del primo ministro inglese, scambiata da BoJo e consorte come seconda casa di famiglia ai piedi delle Chilterns. Di più, scandagliando il web, scorgerete retroscena di irriducibili eletti Tories fedeli a Boris, intenti a raccogliere le firme (auguri) per sfiduciare Rishi Sunak, identificato come unico, ed ovvio, regista di una persecuzione politico/giudiziaria descritta dagli stessi come una “caccia alle streghe” di trumpiana memoria, anzi attualità.

In tutto questo caos, fra la notizia del terzo figlio in arrivo dalla moglie Carrie, e nell’impossibilità di stabilire quanti eredi Johnson siano attualmente in vita (ebbene sì), la scelta di questo Blog è quella di cedere all’umana simpatia nutrita nei confronti del suddetto Boris. La decisione è quella di lasciarsi trascinare dall’entusiasmo, di osservare la trasformazione di cui questo (im)perfetto anti-eroe si mostra capace al di fuori dei confini nazionali. E di vedere che cosa è in grado di fare l’opposto di uno statista, ma al tempo stesso un uomo dall’impareggiabile fiuto politico, dall’invidiabile audacia, dall’encomiabile passione nei confronti dell’Ucraina e delle sue sorti.

Per colpirlo, i suoi detrattori dicono che sia un “ricco conferenziere”. Non mentono, considerato che in pochi mesi, dopo aver lasciato il numero 10 di Downing Street, ha messo in pila qualche milioncino di sterline per i suoi apprezzati interventi. Ma non tutto, per Boris, inizia e si conclude nella tasca del portafogli. Quanti dei suoi critici, ad esempio, avrebbero fatto – quasi letteralmente – armi e bagagli per imbarcarsi su un volo internazionale con destinazione l’altra sponda dell’Atlantico, al fine di perorare l’amata causa ucraina? Probabilmente pochi. Quanti senza compenso? Forse nessuno.

Abbiamo appreso che fu sua la prima telefonata nella notte di inizio invasione con Volodymyr Zelensky, abbiamo saputo delle sue domande ad un presidente a pochi passi dall’uccisione (“Ci sono brave persone vicino a te, Volodymyr”?), abbiamo adorato il rapporto di amicizia nato e coltivato dai due. Oggi conosciamo dell’altro, conosciamo di più: sappiamo che Johnson ha rinunciato ad un cospicuo incasso per i suoi ideali, ha detto “no, grazie” alla retribuzione che un importante think thank gli offriva in cambio di un intervento pro-Ucraina. Perché i soldi non sono tutto – anzi sono quasi niente – quando si crede in qualcosa. E Boris nell’Ucraina ci crede, così come nella sua vittoria.

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Muovendosi come una celebrità, perché l’aura che lo accompagna da sempre non ha nulla a che vedere con le sue fortune politiche (privilegio per pochi, invidiato da molti) alla platea di Dallas prima e di Austin poi, si rivolge come fosse ad un comizio elettorale. Immerso fra politici, ricchi donatori, capitani d’industria, Boris si trasforma in animale politico, assicura l’uditorio sulla bontà della propria puntata: “Avete scelto il cavallo giusto“, e “l’Ucraina vincerà“. Deve farlo, spiega, deve farlo per sé stessa. Deve farlo (anche) per l’America, perché altrimenti “Putin farà cose peggiori“. E no, non è stato un errore, lanciarsi in questa impresa, sostenere Davide contro Golia. Perché, spiega BoJo, “la conquista dell’Ucraina da parte di Putin, se fosse avvenuta, avrebbe inviato un segnale immediato in tutto il mondo, che non siamo disposti a difendere…

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