12 Novembre 2023

GRANDANGeLO. Israele e la guerra persa, dall’Occidente

Nel perlopiù delirante discorso pronunciato nel “Giorno dei Martiri” da Hassan Nasrallah c’è un passaggio decisivo. È quello in cui il leader di Hezbollah afferma che “la cosa più importante, in questo momento, è il cambiamento dell’opinione mondiale nei confronti di Israele“. Questa trasformazione, dichiara il segretario generale del partito satellite della Repubblica Islamica dell’Iran, “è nell’interesse dell’Asse della Resistenza, del suo progetto e della popolazione di Gaza, soprattutto attraverso le manifestazioni a Washington, Londra, New York…Il tempo sta facendo pressione sul nemico“.

Hassan Nasrallah non poteva essere più sincero. Israele sta perdendo la guerra delle menti e dei cuori. E l’Occidente ha già perso la guerra per la difesa dei suoi valori.

Lo shock degli attacchi del 7 ottobre è dimenticato. Questo è già diventato il tempo delle rivisitazioni storiche di parte, delle rivendicazioni ideologiche, del tentativo di comunicare che qualunque difesa da parte di Israele non solo sarebbe sproporzionata, ma di conseguenza illegittima.

All’antisemitismo strisciante, mai sradicato dalle opinioni pubbliche europee, si è aggiunto infatti l’alibi perfetto, la scusa preconfezionata per smarcarsi da Israele, raffigurabile col nome e il volto di Bibi Netanyahu.

Che non si parli di stinco di santo è noto eufemismo. Che presieda un governo di destra radicale è risaputo. Ma sfugge (scientificamente) ai più che Netanyahu sia stato eletto dai cittadini israeliani. E che saranno loro a doverne giudicare le azioni.

Dimentichi del fatto di parlare dell’unica democrazia del Medio Oriente, soloni nostrani utilizzano la presenza dell’imperfetto Netanyahu per contestare lo Stato Ebraico, forse, semplicemente, non tollerandone l’esistenza.

Le critiche riguardano di solito due fronti: le azioni militari compiute nella Striscia e il “dopo” in quel di Gaza.

Sul primo punto è bene operare dei distinguo: chiedere ad Israele di intensificare i propri sforzi per proteggere i civili palestinesi è sacrosanto. Omettere che sia Hamas ad aver elevato a tattica sistematica la pratica di farsene scudo, non dire che siano spesso i suoi stessi combattenti ad impedirne l’evacuazione, è semplicemente disonesto.

Quanto al secondo tema, sopraccigli costantemente inarcati raggiungono vette inesplorate quando Netanyahu o membri del suo gabinetto di guerra professano l’intenzione di supervisionare la sicurezza di Gaza a conflitto ultimato. Così piovono accuse di genocidio, di pulizia etnica, di occupazione indebita. E nessuno che rimarchi il sottinteso della frase di Netanyahu: se Israele intende controllare ciò che sarà nella Striscia è per un motivo: saranno sempre e comunque i palestinesi ad abitarla.

La domanda è dunque un’altra: perché Israele dovrebbe ripetere l’errore che ha portato al più grave massacro di ebrei dai tempi dell’Olocausto? Perché non dovrebbe prevenire il rischio di nuove minacce terroristiche dirette verso i suoi cittadini?

Ha ragione Boris Johnson quando dice che è “scioccante, a quasi 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, sentire oggi per le strade di Londra canti apertamente antisemiti“.

Ha ragione quando dice che “ci sono persone che vogliono chiaramente ignorare il massacro di Hamas del 7 ottobre” e “cancellare Israele dalla cartina geografica“.

Ha ragione quando dice che “un antico odio sta risorgendo in Europa, deve essere estirpato“.

E c’è da sperare che abbia ragione quando dice che “non devono riuscirci e non ci riusciranno“.

Leader di partito e di governo, dentro e fuori l’Italia, continuano a trattare la guerra in Medio Oriente come una battaglia politica, la solita faida tra destra e sinistra in punta di distinguo.

Sarà la stessa Storia ad informarli che ne sono fuori. In gioco c’è molto di più.

Hassan Nasrallah ringrazia.


“GRANDANGeLO” è la fusione tra grandangolo e il mio cognome, è lo spazio di commento del Blog ai fatti del giorno. Senza lesinare i retroscena. Se apprezzi il mio lavoro, aiutami a restare indipendente.

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