10 Maggio 2024

Dentro l’inferno di Rafah. I veri obiettivi, i rischi, le paure: perché Israele è pronto a rischiare tutto per l’ultima roccaforte di Hamas

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Anche adesso che Joe Biden e Bibi Netanyahu, l’America e Israele, mostrano di essere su pagine diverse del grande e interminabile libro del Medio Oriente, è impossibile concordare con l’estremista Ben-Gvir. Il ministro della Sicurezza Nazionale israeliano dichiara che “Hamas ama Biden“, così suggerendo che il presidente statunitense altro non sia che il primo alleato dei terroristi palestinesi, un sostenitore occasionale di Israele, un traditore della causa dello Stato Ebraico.

Ma Joe Biden rimane Joe Biden. Pure oggi, come sempre.

Resta cioè il primo e unico inquilino della Casa Bianca ad aver messo piede in Israele in tempo di guerra: la foto del suo abbraccio con Netanyahu, all’indomani del 7 ottobre, destinata a finire sui libri di storia dei ragazzi israeliani, a restarci per generazioni. Né alcuno potrà mai negare che sia stato di questo presidente americano l’ordine di schierare le forze USA a difesa dell’alleato in difficoltà, in quelle ore non così sicuro di uscire intero dal primo sfacciato attacco della Repubblica Islamica al suo territorio.

Fatti, non parole. Storia, non propaganda.

Eppure è vero che la decisione di sospendere il trasferimento di importanti forniture militari in caso di una grande operazione terrestre in quel di Rafah rappresenta una svolta nei rapporti tra questa amministrazione americana e Israele. Sofferta, circoscritta, ma pur sempre una svolta.

I veri obiettivi, i rischi, le paure: perché Israele è pronto a rischiare tutto per l’ultima roccaforte di Hamas

Fonti USA sostengono con forza che la mossa annunciata in un’intervista dai toni per certi versi drammatici non sia piovuta dal cielo, che sia stata preceduta da settimane, mesi, di pressioni incalzanti, di messaggi allarmati dietro le quinte. Tutti finalizzati a scongiurare il rischio di un’invasione su larga scala della città più a sud di Gaza, a convincere Israele che non fosse cosa buona e giusta prendere di mira l’ultimo rifugio degli ultimi battaglioni di Hamas, ma pure di oltre un milione di palestinesi in fuga dalla guerra.

Si dice che Biden abbia provato ogni modo possibile e immaginabile: con i viaggi, le telefonate, gli emissari, le dichiarazioni, le riunioni. E che alla fine, soltanto alla fine, compresa l’intenzione dell’Alleato israeliano di ignorare i suoi consigli, abbia stabilito che l’unico modo per farsi capire fosse quello di optare per un gesto forte. Per salvare Israele – e in parte anche sé stesso – da ciò che ritiene un…

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