“Kharkiv nel mirino”: i due scenari dietro le ultime offensive russe in Ucraina. Lo schema di Putin per vincere la guerra. Gli analisti militari: “Kyiv deve reagire”
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Dalla “vittoria elettorale” di Vladimir Putin sono trascorsi solo pochi giorni: non è ancora presto per fare previsioni? Così dovrebbe essere, eppure l’élite russa, questa sera, sembra percorsa da una strana eccitazione, da un’irresistibile voglia di parlare del mandato presidenziale che verrà.

La notizia è che i frequentatori abituali del Cremlino sono usciti ringalluzziti dai colloqui andati in scena con gli alti funzionari della sicurezza. Sono stati proprio loro a rassicurarli, a convincerli che è vietato mettere limiti non solo alla Provvidenza, ma pure all’esercito russo. E agli appetiti del presidente. Se ancora non fosse abbastanza chiaro, adesso giurano: saremo in grado di prendere Kharkiv, basta volerlo.

E poco importa che in due anni di guerra non siano riusciti a piegare l’Ucraina, che tutte le simulazioni militari siano state cristalline nell’evidenziare che la cattura della città richiederebbe un impiego di forze enorme. Putin di questo è stato informato?

Il fatto è che la dinamica degli ultimi mesi – con gli ucraini costretti sulla difensiva, a corto di munizioni, in attesa dei rifornimenti occidentali – ha convinto più di un funzionario russo che sia preferibile l’eccesso di ottimismo ad uno di prudenza. Così è un attimo prima che qualcuno concluda: l’ordine di attacco di Putin, è vero, ancora non c’è, ma “è molto probabile” che non tarderà ad arriverà, lo vedrete.

A meno di due mesi da quei discorsi, ecco spiegato l’allarme suscitato in Ucraina dalle incursioni russe lungo il confine, nel nord dell’Oblast’ di Kharkiv. A preoccupare, a dirla tutta, non sono neanche i guadagni tattici registrati dalle forze di Mosca, i villaggi una volta liberati e adesso nuovamente occupati dai russi. Turbano di più le intenzioni che queste sortite sembrano anticipare, il pensiero che nulla può dirsi al sicuro fino a quando l’Orso russo non sarà abbattuto o costretto di nuovo al letargo.

A ciò si aggiunga pure che l’ossessione di Putin e soci per Kharkiv è nota da tempo. Da un punto di vista meramente simbolico, la sua cattura sarebbe seconda soltanto alla conquista di Kyiv, e forse di Odesa, perla del Mar Nero, cruciale per privare l’Ucraina dell’accesso al mare, per strangolarne l’economia e arrestarne il futuro.

Ma allora cosa vuole davvero Vladimir Putin? E come si spiegano i feroci combattimenti in corso nella regione? Le ipotesi sono principalmente due. Una meno rassicurante dell’altra.
La prima interpreta gli ultimi attacchi russi come un diversivo. Nelle intenzioni dei generali del Cremlino, le sortite nella regione di Kharkiv sarebbero l’espediente necessario per costringere l’Ucraina a inviare rinforzi, a sguarnire il fronte orientale. La Russia sarebbe così intenzionata a sfruttare la coperta corta dell’Ucraina: il vulnus atavico della carenza di manodopera, e quello provvisorio di armamenti, causato da un Occidente dormiente. L’obiettivo sarebbe conseguente: mettere le mani su uno o più obiettivi nel Donbass, confidare che, obbligata ad allungarsi, la difesa nemica finirebbe per concedere dei varchi dentro cui infilarsi.
Poi c’è la seconda ipotesi, se possibile più spaventosa della prima. Questa vede i soldati russi impegnati nella creazione della “zona sanitaria” evocata in tempi non sospetti da Vladimir Putin a protezione della regione russa di Belgorod