Ore calde: può cadere il divieto di colpire il territorio russo con armi occidentali. Le pressioni su Biden e l’ultima minaccia in codice di Vladimir Putin
Quando l’ipotesi di un collasso sembra concreta, quando i vertici dell’intelligence americana, al chiuso dello Studio Ovale, informano Speaker Mike Johnson che il pericoloso stallo del Congresso sull’invio di aiuti può realmente costare la fine dell’Ucraina per come la conosciamo, è il generale Chris Cavoli, il comandante delle Forze USA e NATO in Europa, a prendere l’iniziativa.
Ai deputati da mesi impegnati alle prese con un tira e molla deprimente, ignari del posto nel mondo occupato dall’America, cerca di spiegare un concetto semplice, la regola base di ogni conflitto: “La parte che non può rispondere al fuoco perde la guerra“.
È un memento, una sveglia, un punto cardinale. Ma anche un paradigma sfidato adesso dal cambio di strategia operato dalle Forze Armate del Cremlino, puntuali nell’individuare il tallone d’Achille del sostegno occidentale. E decise a sfruttarlo, fino al suo risveglio.
“Abbiamo imposto troppi limiti al nostro vocabolario“, ha tuonato Emmanuel Macron a metà marzo, evocando la possibilità che truppe francesi potessero infine essere dispiegate in Ucraina. Eppure in questo caso la questione è diversa. I limiti autoimposti non riguardano il vocabolario, ma l’approccio al conflitto. E le conseguenze di questi vincoli non afferiscono alla sfera immateriale del concetto di “ambiguità strategica“, bensì alla necessità pratica di difendere la regione di Kharkiv.
Dal 10 maggio, la Russia si è impadronita di villaggi ucraini per una superficie complessiva di circa 300 km quadrati: è la più grande conquista territoriale registrata da un anno e mezzo a questa parte. Lo ha fatto attuando una tattica intelligente, insinuandosi nelle pieghe delle remore dell’Occidente, creando un “santuario” all’interno del territorio russo.
Meglio: è stato lo stesso Occidente con le sue scelte, e Washington in particolare, a crearlo.
Ma la gravità della situazione fa sì che pure legittime recriminazioni debbano ora essere messe da parte: non è tempo di chiedersi se questo approccio sia stato corretto fino a oggi, ma di rimuovere il divieto di utilizzo di armi occidentali in territorio russo. E sono ore calde, probabilmente decisive, perché la palla di neve del consenso NATO diventi una valanga di considerevoli proporzioni.
Ore calde per il divieto di colpire il territorio russo con armi occidentali. Pressioni su Biden. La riunione decisiva, le valutazioni della NATO e l’ultima minaccia in codice di Putin.
La questione, del resto, è drammaticamente semplice: le bombe teleguidate di Mosca sono in grado di colpire Kharkiv e dintorni senza mai lasciare lo spazio aereo russo. La seconda città più grande d’Ucraina dista 40 km dal confine internazionale: le bombe russe hanno un raggio di azione di 40-60 km. Non sempre, ma la guerra è spesso questione di matematica.
Le possibilità di intercettare i colpi russi crescono all’aumentare della distanza fisica – e dunque del tempo – di cui l’Ucraina può usufruire nella sua difesa. Aspettare che entrino nello spazio aereo ucraino non è un’opzione, è sempre troppo tardi.
Così è stato ancora una volta Macron a chiarire la necessità di …