31 Maggio 2024

Biden e l’ultima “linea rossa”. Le opzioni del Cremlino: così Vladimir Putin potrebbe innescare una rappresaglia. Scenari, rischi e probabilità di azione

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Chissà se sarà infine da Pointe du Hoc, dal promontorio francese affacciato sulla Storia, a cavallo tra le spiagge di Utah e Omaha, che il presidente degli Stati Uniti d’America spiegherà le ragioni che lo hanno convinto a sfidare il Cremlino, a porre un piede al di là dell’ultima linea rossa tracciata da Vladimir Putin. Chissà se sarà a 80 anni esatti dallo Sbarco Alleato in Normandia, nel bel mezzo di un discorso già fissato per il 7 giugno, sull’importanza di difendere libertà e democrazia, che Joe Biden annuncerà formalmente ciò che tutti già sanno. E cioè che il semaforo verde è scattato: Washington ha autorizzato l’Ucraina a colpire il teritorio russo con armi americane, per difendere la regione di Kharkiv, per respingere l’ultimo assalto alla propria sicurezza.

Al di là delle timidezze nutrite in questa porzione di mondo, degli insopportabili slogan da campagna elettorale, dei consueti allarmismi, quello di Biden è un passo giusto, inevitabile, dettato da esigenze nella loro drammaticità molto chiare:

  • Primo: la regione di Kharkiv è sotto attacco da settimane, oggetto di una controffensiva russa molto insidiosa dal punto di vista strategico;
  • La seconda città più grande dell’Ucraina è esposta agli umori del nemico, perfettamente raggiungibile dalle bombe teleguidate russe, inarrestabili poiché provenienti dal “santuario” russo costruito approfittando – fino ad oggi – dell’assurdo divieto di oltrepassare il confine.
  • Terzo: gli sfollati ucraini sono in aumento, costretti a scegliere tra restare nelle proprie case e convivere col rischio di essere i numeri estratti nella quotidiana lotteria della morte.
  • Quarto: si ravvisano segnali di morale in calo, al fronte e non solo. Perché due anni di resistenza eroica hanno un costo: soprattutto se il nemico raddoppia gli sforzi, e di più se gli alleati impongono di difendersi, sì, se proprio si deve, ma con una mano legata dietro la schiena.

La decisione di Biden dà il senso del momento. Breve ripasso: la storia del Presidente è quella di un decisore prudente. Nella Situation Room di Barack Obama, quando le forze speciali americane attendono l’ultimo ok per l’assalto al rifugio di Osama bin Laden, l’allora vicepresidente considera troppo elevate le percentuali di fallimento dell’operazione. “Don’t go“, sussurra all’orecchio del più giovane presidente, non andare.

Eppure la prudenza stavolta viene messa da parte. Joe Biden è il primo presidente degli Stati Uniti ad autorizzare risposte militari – per quanto limitate ad azioni di autodifesa strettamente connesse alla protezione di Kharkiv – contro un avversario dotato di armi nucleari. È un cambio di scenario capace di archiviare anche l’insolita tensione registrata secondo fonti accreditate tra lo stesso Biden e Volodymyr Zelensky.

La Casa Bianca non ha infatti apprezzato gli attacchi di droni indirizzati da Kyiv contro le stazioni radar che forniscono difesa aerea convenzionale a Mosca, ma soprattutto fungono da sistema d’allarme in caso di attacchi nucleari provenienti da Occidente. I funzionari americani ritengono si sia trattato di una provocazione non richiesta, di un rischio immotivato, non essendo questi siti coinvolti nell’invasione russa dell’Ucraina. Ma i diretti interessati ribattono: è vero il contrario, la Russia utilizza i siti radar per monitorare le attività del nostro esercito, e in particolare l’impiego di missili e droni.

Ovunque sia la verità, non cambia la sostanza: l’America non intende provocare la Russia. Né vuole che Mosca percepisca come minacciata la propria capacità di deterrenza strategica, una condizione che potrebbe facilmente favorire pericolosi errori di calcolo.

La “dottrina Biden” è riassumibile nell’impegno a scongiurare lo sfondamento russo, il collasso ucraino. È un approccio “reattivo“, non “proattivo“.

Del resto i due obiettivi della Casa Bianca dall’inizio dell’invasione non sono cambiati: difendere la sovranità ucraina, impedire un’escalation che trascini gli Stati Uniti (e la NATO) in un confronto diretto.

Così la domanda che il team di Sicurezza Nazionale USA si è posta, nei giorni che hanno preceduto l’ok di Biden, è la seguente: come potrebbe reagire il Cremlino dinanzi all’autorizzazione a colpire il territorio russo con armi americane? La risposta non è scontata.

Putin si è speso in prima persona con dichiarazioni pubbliche rivolte al pubblico e alle classi dirigenti occidentali, sconsigliando apertamente di autorizzare operazioni all’interno del territorio russo. Nella percezione di Mosca, raid condotti con armi americane rappresentano non solo un problema militare (la Russia potrebbe essere costretta a rivedere la propria catena logistica), ma soprattutto una questione di ordine psicologico, uno smacco dal grande peso simbolico.

Altro elemento da non sottovalutare: il fronte interno. La credibilità di un leader autoritario in patria si basa sì sulla coercizione, ma di più sulla capacità di proiettare forza all’esterno. Traduzione: dopo aver mostrato i muscoli minacciando l’Occidente di ritorsioni, Putin difficilmente potrà permettersi di continuare come nulla fosse. Vediamo le possibili opzioni.

Così Vladimir Putin potrebbe attuare una rappresaglia contro la decisione di Biden. Tutti gli scenari, i rischi e le probabilità di azione

Attacco nucleare in Ucraina o in altri Paesi NATO

Livello di probabilità: molto basso

La d…

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