Rabbia, urla, dolore. E poi un ultimo azzardo. I 5 giorni che possono cambiare Israele. E affondare Bibi Netanyahu
Conosce Israele troppo bene, ne sente le vene pulsare sottopelle da così tanto tempo, per non sapere che lo Stato Ebraico è ora a un passo da una svolta, al bivio che potrebbe cambiarne la traiettoria. Con o senza di lui alla guida.
Chi gli è vicino assicura: Bibi adesso ha paura. Paura come poche altre volte nel corso di una lunga carriera. Ne ha avuta più di oggi, spiegano, soltanto nelle ore immediatamente successive al 7 ottobre: quando scoprì che il mito della sicurezza era un’illusione, quando temette che Israele potesse essere travolto dai suoi nemici.
Rabbia, urla, dolore: i 5 giorni che possono cambiare Israele. Il vertice infuocato. Le urla e le accuse con Gallant, la mano di Netanyahu che batte vigorosamente sul tavolo. La minaccia dello sciopero generale per il governo di Bibi. La svolta di Joe Biden delle ultime ore. L’ultimo azzardo.
Ma quasi un anno dopo, le promesse di vittoria vacillano pericolosamente.
Certo, le brigate di Hamas a Gaza sono state quasi del tutto smantellate. Ismail Haniyeh, il leader che celebrò la morte di 1200 israeliani inchinandosi davanti a Dio per la gratitudine, è stato ucciso in un raid sul suolo dell’Iran. E i colpi inferti al nemico rendono difficile immaginare che un altro 7 ottobre possa in futuro nuovamente avere luogo.
Eppure le ultime ore sono state le più angosciose da molto tempo, hanno messo in dubbio pure i risultati ottenuti, in discussione l’intera strategia della guerra. Perché il ritorno a casa di 6 ostaggi senza vita, il loro salvataggio mancato, ha accresciuto rabbia e dolore di uno Stato speciale, turbato le masse, sortito una reazione …