Georgia al voto: c’è il rischio di un bagno di sangue. L’analisi degli 007 di Mosca, lo “scenario bielorusso” e gli ultimi sondaggi
Provate a digitare sul motore di ricerca: “Georgia elections“. Otterrete sondaggi, proiezioni, approfondimenti elettorali, ma non quelli più interessanti per 3 milioni e mezzo di georgiani – intesi come caucasici, “europei” (chissà ancora per quanto).
A poche ore dal voto prevale l’interesse per la Georgia “americana”, ma ce n’è un’altra – quella con capitale Tbilisi – che ha le sue ragioni per reclamare le dovute attenzioni. Pure questa è uno swing-state, uno Stato chiave, in bilico, oscillante. Perché le elezioni di domani sono un referendum: o di qua, nel senso di Occidente, o di là, dentro la sfera d’influenza russa.
Piccolo chiarimento: si tratta di un’elezione normale? No, perché ottenere un voto in più potrebbe non bastare. C’è una parte di Paese che si ritiene maggioranza, che sa di esserlo, che intende dimostrarlo domani, ma che pure si prepara a difendere il voto. In piazza, nei seggi, nelle strade, se necessario.
La realtà è dura da accettare, perché racconta che nello spazio di poche ore delle elezioni, un processo democratico, potrebbero trasformarsi in un bagno di sangue.
Allora spostiamoci in Georgia. Presentiamo i protagonisti, guardiamo i sondaggi, elaboriamo i possibili scenari.
La situazione di partenza è la seguente: un partito, Sogno Georgiano, da 12 anni al governo e chiaramente orientato verso un modello autoritario di gestione del potere. Il suo presidente onorario ed ex primo ministro, Bidzina Ivanishvili, è l’oligarca più potente del Paese, la sua eminenza grigia. Il caso vuole (ma non è un caso) che abbia costruito le sue fortune in Russia e che adesso presenti le prossime elezioni come una scelta fra guerra (portata da quello che definisce “Partito della Guerra Globale”) e pace (garantita da Sogno Georgiano).
Al voto si arriva dopo mesi di tensioni esasperanti, figlie di una palese stretta anti-democratica, di una virata filorussa, orchestrata dal partito al potere attraverso leggi illiberali e intimidazioni sistematiche di giornalisti e dipendenti statali. Il dissenso è stato più volte represso attraverso l’uso della forza da parte dello Stato. L…