11 Gennaio 2025

Retroscena di un “regime change” fallito: come Maduro ha blindato il Venezuela. L’ipotesi di un governo in esilio, l’opzione di un intervento esterno e il “fattore T”

Lo juro por la Historia, lo juro por mi vida“. Lo giuro sulla Storia, lo giuro sulla mia vita.

Nicolás Maduro mette tutta l’enfasi di cui è capace nelle ultime battute del giuramento che completa il suo colpo di mano. E pure di Stato.

Mano sinistra tesa, l’altra sulla Costituzione della Repubblica Bolivariana, il dittatore venezuelano è visibilmente emozionato.

A migliaia di chilometri da Caracas, lontano dal caos, dalla miseria, qualcuno azzarda: no che non è emozione. È paura, tensione che finalmente scema. È sollievo, certezza di aver vinto.

Per mesi, dopo le elezioni di luglio, il presidente eletto Edmundo González Urrutia e la leader de facto dell’opposizione, María Corina Machado, hanno dato appuntamento al popolo venezuelano per la giornata di ieri: il 10 gennaio. Non una data a caso, ma quella indicata dalla Costituzione per il giuramento del nuovo presidente. In mezzo, l’esilio autoimposto del vincitore del voto, la fuga rocambolesca in Spagna, il tour internazionale per raccogliere sostegno. E poi le promesse, tante, purtroppo infrante. Fino a pochi giorni fa, González Urrutia aveva garantito: tornerò in Venezuela, giurerò da presidente, lo vedrete.

Retroscena di un “regime change” fallito. Come Maduro ha blindato il Venezuela. L’ipotesi di un governo in esilio, l’opzione di un intervento esterno, il “fattore T”

Eppure a presentarsi all’Assemblea Nazionale per il giuramento, come prescritto dall’articolo 231 della Costituzione, è stato Maduro, non il buon Edmundo.

Ancora per qualche ora, i sostenitori dell’opposizione hanno continuato a sperare. L’articolo in questione, infatti, metteva in conto l’eventualità di un impedimento, chiarendo che “se per qualsiasi motivo sopravvenuto il Presidente della Repubblica non possa prendere possesso” dell’incarico “dinanzi all’Assemblea Nazionale“, allora avrebbe po…

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