Dazi boom…erang: spuntano i “ribelli” Repubblicani. Trump e il rischio di una fronda interna al GOP. Congresso in movimento e fiducia a tempo: cosa può succedere, gli scenari

Chi gli ha parlato in queste ore, ovvero in quelle immediatamente successive alla dichiarazione di guerra commerciale contro il resto del mondo, dice di un Donald Trump imperturbabile, incrollabile nel convincimento che sia la sua, ancora una volta, la sola voce che conti.

I fedelissimi confermano, raccontano di un “uomo in missione“, certo di essere pure stavolta dalla parte della ragione, nonostante l’allarmismo, le critiche, gli sberleffi della solita stampa contro. Ma sono funzionari della Casa Bianca, in particolare uomini e donne dello staff, gli stessi che per settimane hanno lavorato a misure ben diverse da quelle infine presentate nel Giardino delle Rose, a lanciare l’allarme: il leader si crede sotto assedio, è barricato nella sua torre d’avorio, pronto a bruciare il ponte, pur di uscire vittorioso.

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Così è la questione di principio quella a cui porre maggiore attenzione. Perché è stato lui, The Donald, ad appena tre ore dal discorso del “Giorno della Liberazione”, a dettare personalmente – rivelano i retroscena – la formula della discordia, quella applicata a quasi ogni Paese del mondo. La stessa su cui oggi i maggiori economisti del Pianeta sollevano dubbi, perplessità, sconcerto a tutto tondo.

E d’accordo che il fulmine non è arrivato a ciel sereno, che la mossa sia stata – a seconda dei punti di vista – annunciata, temuta, attesa, ma adesso sono perfino i parlamentari repubblicani ad ammettere a porte chiuse il loro turbamento.

In particolare, i rappresentanti degli Stati agricoli manifestano profonda preoccupazione, consapevoli che i loro prodotti saranno i primi ad essere colpiti dai dazi di rappresaglia delle nazioni che sceglieranno di accetta…