10 Aprile 2025

Gli show su Fox News, i mercati in rosso e il segnale dal Giappone. Retroscena di una marcia indietro: dentro le ore decisive in cui Trump ha cambiato idea sui dazi contro il mondo

Un Presidente degli Stati Uniti siede nello Studio Ovale. Sul monitor, in continuo aggiornamento, i dati di un mercato che sembra non capirlo, indisponibile a piegarsi alla sua narrazione.

È stato lui a insistere, a porsi come il falco della situazione. Era il patto implicito coi suoi consiglieri, fin dal giorno del ritorno alla Casa Bianca: “Questa volta seguirò il mio istinto, nessuno potrà condizionarmi“.

Così quando Peter Navarro, advisor per il commercio, propone una strategia aggressiva in materi di dazi, Donald Trump rilancia, non si accontenta, chiede di adottare una formula basata sul deficit commerciale. E ancora: vuole che sia valida per tutti, indiscriminatamente, una sorta di punizione urbi et orbi.

Nessuno ha il coraggio di sfidarlo apertamente, ma i membri anziani del team presidenziale sono già sulle spine: il rischio che il panico si diffonda, creando un effetto contagio difficilmente arginabile, è il leitmotiv di ogni sussurro che circonda la stanza delle decisioni.

Sorprendentemente (visti i trascorsi recenti), è il vicepresidente, JD Vance, a tentare con maggiore impegno di moderare le posizioni del Capo. Il numero 2 dell’Amministrazione spinge per un approccio più strutturato, meno da bombardamento a tappeto: è la Cina il nostro nemico, dice, dovremmo concentrarci sul suo isolamento.

Eppure The Donald non sente ragioni. Crede di essere nel giusto: che l’America sia stata truffata per decenni dalle altre nazioni. E che serva coraggio – precisamente, il suo – per ristabilire un campo da gioco equo, con pari condizioni.

Pure per questo è deluso dalla reazione degli investitori: mostrandosi “deboli“, impauriti dalle ripercussioni delle sue politiche, stanno di fatto sabotando il suo piano. Ma voglio andare avanti, ripete ai suoi consiglieri, a quanti gli suggeriscono di alzare il piede dall’acceleratore.

Allora cosa porta il Presidente ad uscire dall’isolamento, ad ammettere che qualcosa è andato storto? Per capirlo bisogna affidarsi ai racconti che arrivano dall’Ala Ovest, alla ricostruzione delle ore più convulse – finora – del secondo mandato di Donald Trump, ai retroscena che spiegano la marcia indietro dell’uomo più potente del mondo.

Gli show su Fox News, i mercati in rosso e il segnale dal Giappone. Retroscena di una marcia indietro: dentro le ore decisive in cui Trump ha cambiato idea sui dazi contro il mondo

Martedì sera, quando il Presidente si sintonizza su Fox News, i mercati sono in sofferenza ormai da più sedute. Ma un campanello d’allarme diverso, particolare, arriva osservando i parlamentari repubblicani ospiti nello show di Sean Hannity. Tra gli invitati ci sono alcuni dei suoi fedelissimi: il senatore Lindsey Graham è uno di questi; e lo stesso si può dire per Tim Scott (South Carolina); certo, si può forse dubitare del leader di maggioranza al Senator, John Thune, e per quanto negli ultimi anni sia stato sempre allineato, è difficile mettere la mano sul fuoco su Ted Cruz.

Ma è chiaro qui che la questione non sia personale: con diverse tonalità di allarme, a seconda dell’indole e della percezione, i repubblicani danno voce alle chiamate ricevute nelle ultime ore dal proprio elettorato di base e dai capi d’azienda che non sono riusciti ad oltrepassare il sistema di …

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