GRANDANGELO. Così Giuseppe Conte si è messo Schlein nel taschino
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Sua prima vittima più o meno illustre fu Matteo Salvini. Questi accarezzò l’idea di farne un sol boccone. Anzi, un solo sorso, visto che tutto si consumò nello spazio di un mojito. Scoprì presto di aver fatto male i conti, di non aver considerato l’attaccamento a Palazzo Chigi del rivale. E poi la variante Renzi, e quella Donald. Troppo tutto insieme, per il Capitano. Ma povero Salvini, gli si farebbe torto sostenendo sia stato il solo ad essere trafitto da Giuseppe Conte.
Pensate a Beppe Grillo, riuscito nell’impresa di perdere appannaggio dell’avvocato financo la sua creatura, il MoVimento 5 Stelle. Come se oggi uno di voi decidesse di ospitare in casa propria un perfetto sconosciuto, ritrovandosi sfrattato nel giro di qualche mese. Fu Di Maio a cercare di riprendersi le chiavi del partito. Ma anni di militanza valsero zero: respinto con perdite.
Persino Mario Draghi, per dire, al governo oggi non è per colpa principale di Giuseppe Conte. Super Mario ha peccato, molto peccato, ostinandosi a giocare corretto, a non rinnegare sé stesso. Alle regole d’ingaggio fissate dal suo precedessore ha deciso di non sottostare. Così è accaduto che l’altro, rancoroso, ha atteso l’allineamento dei pianeti per agitarne al mondo – ed in particolare ad Est – lo scalpo.
Quasi tutti pensavamo fosse la sua fine. Ma, in qualche modo, Giuseppe Conte ci ha smentiti di nuovo: ha condotto una campagna elettorale magistrale – dove per magistrale s’intende “riuscito a conquistare tanti voti“, non importa come, non importa con quali promesse – ed ha fatto il suo ingresso in Parlamento da leader indiscusso del Movimento.
Il solo che ad oggi risulta riuscito nell’impresa di fregarlo – e mi scuserete per il francesismo – si chiama Matteo Renzi: ma parliamo del massimo interprete contemporaneo dei giochi d’aula. E pure lui, a dire il vero, la sera prima della caduta di Draghi credeva di aver arginato le manovre dell’avvocato…
Ebbene adesso, dopo averli messi in fila, gli elementi per non sottovalutare Conte dovrebbero esserci tutti. La storia parrebbe essere chiara: Conte possiede cattiveria politica in abbondanza per farsi largo in un mondo abitato tradizionalmente da squali. Il problema emerge quando i compagni di viaggio si rivelano al massimo pesci rossi, dotati di memoria corta. Ecco che allora il guaio è servito.
Si veda ad esempio Elly Schlein. La segretaria dem ignora il ruolo storico del Partito Democratico, la sua necessità di essere partito a vocazione – ribadisco, vocazione – maggioritaria o non essere. Si trastulla nell’illusione di federare il CampoLargo, e nel frattempo lascia spazio di manovra ad un avvocato scatenato. Spacca il suo partito per inseguire Conte in piazza, ignora il suo partito per votare la mozione di sfiducia alla ministra Santanché. Si allinea, nemmeno consultata, perché è l’altro a dettare la linea, perché non si dica che lei, Elly, sia meno di sinistra di lui, di Giuseppi.
E a nulla servono i suggerimenti dei dem più esperti, né le voci sussurrate dai pentastellati infedeli, quelli che ai colleghi piddini dichiarano che “Conte non farà mai l’alleanza strutturale col Pd, perché gli piace fare il battitore libero“. Soltanto arrivati al momento del dunque, a ridosso di nuove elezioni Politiche, l’avvocato potrebbe siglare l’intesa. Ad un patto: che la premiership sia il risultato del voto, modello centrodestra, per capirci, non di accordi pregressi. Perché ogni sua mossa a quello conduce: all’agognato ritorno a Palazzo Chigi, al luogo in cui ha lasciato il cuore. Costi quel che costi. È per questo che Conte si è già messo Elly Schlein in tasca. Anzi, nel taschino.
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Un commento su “GRANDANGELO. Così Giuseppe Conte si è messo Schlein nel taschino”
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A me sembra sia il “Rockfeller” di Baffino, il suo consigliori.
Come lui, riesce ad essere di lotta e di governo a seconda delle convenienze personali.