Maggio 20, 2018

Renzi e Berlusconi di nuovo insieme, perché no?

 

Che i due si piacciano è noto da tempo. Fu Berlusconi, da Presidente del Consiglio, ad invitare ad Arcore quel sindaco di Firenze di cui tanto bene gli avevano parlato. E l’impressione dal vivo confermò le recensioni. Renzi al Cavaliere era piaciuto: “Quello non è un comunista“, sentenziò.

La storia ha poi fatto il suo corso: il patto del Nazareno tra il nuovo e il vecchio leader, l’ipotesi di una pacificazione nel Paese che frana sulla scelta del Presidente della Repubblica. Lo zampino di D’Alema che telefona a Berlusconi facendo il nome di Giuliano Amato. La stizza di Renzi che frettolosamente fa saltare il banco ed elegge Mattarella senza i voti di Forza Italia.

Da lì le strade si separano, e i due giocano a mostrarsi i muscoli. Un po’ rattrappiti, quelli di Silvio; ancora acerbi, quelli di Matteo. Ma i leader, tra di loro, sanno riconoscersi. Basta annusarsi una volta soltanto, per capire che di fronte c’è un proprio simile.

Così quel filo spezzato pare a poco a poco riannodarsi. Soprattutto adesso che il governo M5s-Lega è ad un passo. E il baratro per il Paese pure.

Allora perché non riprovarci? Perché non fondare quel Partito della Nazione di cui si sussurra da anni? La verità è che mai avverrà una fusione tra Pd e Forza Italia. Perché c’è sempre l’impronta della vecchia “ditta” di sinistra nel dna dei democrats nostrani. Insorgerebbero i padri nobili del Partito, da Veltroni a Prodi. Né Renzi può pensare che la gente di sinistra che per anni ha osteggiato Berlusconi possa seguirlo in questa avventura. Ma c’è un “ma”.

L’ultima Assemblea Nazionale ha chiarito una volta di più che le anime all’interno del Pd sono “almeno” due. La convivenza forzata è agli sgoccioli. E qualcuno prima o poi sbatterà la porta. Possibile che il primo a farlo sia proprio Renzi. Rottamare il vecchio per fondare il nuovo, ancora.

Un partito personale “alla Macron“, il leader europeo nel quale si rivede di più, quello al quale invidia la grande autonomia nell’azione di governo.

Un En Marche! all’italiana, un partito che superi le vecchie categorie di destra e sinistra. Trasversale, appunto. Leaderistico. E a quel punto se Forza Italia offrisse i suoi voti. Se Berlusconi benedicesse l’operazione. Se decidesse di farsi di lato incoronando il suo erede naturale pur di non finire tra le fauci di Salvini. Se, se, se…se tutti questi se si materializzassero. Perché no?

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