18 Maggio 2024

Ucraina, Taiwan, America, il destino di Shoigu e l’abbraccio di Xi: Putin e i 5 segnali allarmanti dal vertice di Pechino

Il lungo corteo arresta la sua corsa davanti alla Grande Sala del Popolo, in piazza Tienanmen. Vladimir Putin è lesto a scendere dalla limousine modello Aurus che lo ha scortato al cospetto di Xi Jinping. E chissà se adesso, avvicinandosi al presidente cinese, ripensa al principe Nevskij.

Sul finire dello scorso anno è a lui che ha dedicato un discorso. E se a molti è parso di riscontrare nelle sue parole una vena di romanticismo è perché quasi tutti hanno capito: raccontando di Nevskij, Vladimir Putin pensava a sé stesso.

Tredicesimo secolo: Alexander Nevskij governa diversi principati, da un punto di vista territoriale ascrivibili alla moderna Russia, alla Bielorussia, alla tanto anelata Ucraina. Eppure Nevskij resta a tutti gli effetti un vassallo dell’impero mongolo, di cui oggi farebbe parte anche la grande Cina. Così Putin ricorda: “Nevskij si recò nell’Orda, si inchinò al Khan e ottenne un editto del Khan per il suo regno, principalmente per essere in grado di resistere efficacemente all’invasione dell’Occidente. Perché l’Orda, per quanto arrogante e crudele, non ha mai minacciato il nostro tesoro più grande: la nostra lingua, le nostre tradizioni e la nostra cultura, che i conquistatori occidentali erano ansiosi di sopprimere“. È chiaro che Putin veda dei parallelismi tra le due vicende.

Antony Blinken, Segretario di Stato Usa, sostiene che quello tra Mosca e Pechino sia un matrimonio di convenienza, che non ci sia amore tra le parti. È probabile non sbagli. Ma sono in ogni caso dettagli per un leader convinto di essere l’uomo del Destino. E la ragione fondamentale è questa: se serve chinare il capo per reggere l’urto nel confronto durissimo con Occidente, se è necessario ingoiare qualche rospo per scrivere il proprio nome sui libri di Storia, per sfidare questa sindrome da perenne accerchiamento, ebbene, Vladimir Putin farà tutto questo.

Così a Pechino è il vecchio adagio che si ripropone: il nemico del mio nemico è mio amico. Nel complesso di Zhongnanhai, a pochi passi dalla Città Proibita, dietro e davanti le quinte, vengono a galla dinamiche interessanti, a patto di volerle leggere. Che destino un certo allarme è la norma, non più una sorpresa.

Le cinque novità più interessanti (e preoccupanti) emerse dal vertice Xi-Putin a Pechino

  1. Cina e Russia unite in Guerra e Pace. Pechino e Mosca si dicono coinvolte in una partnership “senza limiti“, ma non esiste – per quel che vale – un foglio di carta che impegni una a venire in soccorso dell’altra in caso di attacco nemico. Troppo elevati i rischi di una simile promessa. Si lascia allora tutto alle buone intenzioni. E all’approfondimento della consuetudine tra le parti. Perché nonostante l’invasione dell’Ucraina – o forse proprio per questo – l’Esercito Popolare di Liberazione ha aumentato in questi anni il numero di attività congiunte con le Forze Armate di Mosca. E perché non è un caso che la delegazione russa sia composta per gran parte da funzionari della Difesa (con posto e menzione d’onore riservato al nuovo ministro Belousov, osservato speciale tra tutti i presenti), nonché da esponenti del tessuto economico russo, da pezzi grossi dell’industria militare…

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