Gennaio 27, 2019

Sul Venezuela stiamo facendo una figura pessima

La qualità di un governo che si definisce “del cambiamento” dovrebbe essere la determinazione nell’affermare le proprie scelte, anche radicali, sui temi che più contano. Un esempio: il Venezuela. Ma che succede se la percezione dei temi più importanti è assente? Se una questione di caratura internazionale, fondamentale per definire il posizionamento dell’Italia sulla scacchiera delle alleanze, viene considerata come un argomento da dopo-cena, una discussione così, tanto per, un bonus per gli amanti della politica estera e nulla più?

Il Venezuela è invece il banco di prova per capire dove siamo diretti. Se la nostra collocazione storica, ben piantata nell’Occidente, vale ancora a qualcosa oppure può essere messa in discussione da un reduce guatemalteco che dopo averle cantate a tutte sull’honestà e via dicendo ha pensato che bastava una diretta Facebook in cui diceva di essersi “incaz*ato” col padre – pescato a tenere un lavoratore in nero – per archiviare la pratica e tanti saluti. Se Salvini, che pure le sue simpatie filo-russe non le ha mai nascoste, ha deciso di appoggiare Guaidó a dispetto dell’indicazione di Putin, il motivo è che si può scherzare fino ad un certo punto, ma poi interviene una cosa che si chiama politica, realtà, e allora giocare a fare i comunisti non paga più.

Per conoscere la posizione ufficiale dell’Italia, tra uscite estemporanee di Moavero (sì, esiste) e botta e risposta di Salvini-Di Battista (che statisti!), si è dovuto attendere ieri sera, quando Conte – a differenza di quanto sostengono molti giornali, che parlano di posizione “democristiana” – si è di fatto smarcato dal blocco europeo, quello composto da Germania, Francia, Spagna, nostra collocazione naturale, che a Maduro ha dato un ultimatum: elezioni in 8 giorno o riconosciamo Guaidó. Conte invece stigmatizza “l’impositivo intervento di Paesi stranieri”. Tradotto dal linguaggio di Azzecca-Garbugli: prova a lavarsene le mani, ma di sicuro non appoggia Guaidó, quasi strizza l’occhio a Maduro e ancora una volta ci fa perdere il treno dell’Europa.

Isolati, sempre di più, con la spocchiosa convinzione di essere sempre nel giusto, con la pericolosa ingenuità di chi pensa che la storia non sia un fattore, che le alleanze possano essere ridisegnate a seconda della convenienza, del pensiero del momento. No, non funziona così. Rischiamo di scoprirlo sulla nostra pelle e su altri dossier. L’incoerenza ha un costo, sempre.

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