Settembre 17, 2019

Il giusto addio di Matteo Renzi

Si discuterà in queste ore e in questi giorni della scelta di Matteo Renzi di lasciare il Pd. Della tempistica di questa scissione, del fatto che sia un assist a Salvini, della megalomania vera o presunta del personaggio. La realtà è che il suo addio al Partito Democratico è una buona notizia per tutti: lo è per lui, che recupererà finalmente la libertà di giocare la sua partita senza fingersi soldato semplice a disposizione del comandante (scarso) di turno (si legga Nicola Zingaretti).

Lo è per il Pd, che adesso ha l’occasione di dimostrare quanto detto in tutti questi anni in tutte le salse: e cioè che i problemi della sinistra italiana derivassero da Renzi, e che i problemi della sinistra mondiale derivassero da “quelli come Renzi”.

Ma lo è soprattutto per l’Italia, perché al di là delle simpatie/antipatie che il personaggio può suscitare, il suo addio al Pd significa disporre di un anti-Salvini (vero, non Conte, per essere chiari) in più. E questa sì, è una buona notizia.

Detto questo si può essere d’accordo o meno sulle modalità di questo addio, si può giudicare sbagliato il timing, immotivato lo strappo. Ma sono discorsi di poco conto se rapportati all’equivoco di fondo che ha caratterizzato l’esperienza di Renzi nel Pd. E cioè che quello non è mai stato il “suo” partito, ad eccezione di quando ne è stato a capo.

Non è un merito o un demerito, è semplicemente un dato di fatto. Renzi non ha nulla a che fare per storia, stile, cultura con il Pd di Zingaretti. Magari sarebbe stato più umanamente comprensibile lasciare il partito in seguito alla freddezza mostrata dai “compagni” in occasione dell’indagine sui suoi genitori; forse sarebbe stato politicamente più giusto farlo il 5 marzo 2018, nel giorno in cui un’intera classe dirigente mostrava di aver dimenticato di aver governato con Renzi, condiviso le sue politiche, applauditone ogni sua declinazione (meglio Bersani sempre contro, per intenderci).

Ma resta la sensazione che alla fine l’approdo fosse questo. Un addio. Inevitabile. E perfino giusto.

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