Dicembre 14, 2019

Una Leonessa è per sempre

Non fate caso alla testa rasata. Davvero non vedete in controluce la sua folta criniera splendente? E’ lì, intatta, come la smorfia, il verso, il ruggito di una Leonessa che quella era, quella è rimasta. C’è tutta, Francesca Schiavone. In quel messaggio onesto, in quelle poche parole dopo 7 mesi di silenzio fitto, di non-detti pesanti, di inquietanti dubbi: “Mi hanno diagnosticato un tumore maligno. E’ stata la lotta più dura, in assoluto, che ho mai affrontato. E la cosa più bella è che sono riuscita a vincere questa battaglia”.

Per un secondo appena, compare sul volto una ruga di rabbia, un rinnovato senso di sfida, e forse perfino disgusto, per quel male subdolo. Scompare subito. Dietro quegli occhi così, malinconici anche nel sorriso. Spazzato via dall’incredulità di poter vivere ancora, dall’impareggiabile meraviglia della “normalità”, dalla gratitudine di essersi guadagnata chissà come un secondo tempo.

Che a confronto la gioia di quel Roland Garros storico, la terra di Parigi assaporata in un raptus di amore folle, assomigliano alla copia sbiadita di Marte. Su un pianeta diverso, quello della malattia, Francesca Schiavone si è scoperta fragile, come mai è stata su un campo da tennis.

Avreste dovuto vederla, negli ultimi anni di carriera. Troppo semplice seguirla all’apice. Fosse stati insieme a noi, il giorno di una partita memorabile, ma che in pochi ricordano a Roma, contro una spagnola di nome Muguruza che poi avrebbe vinto qualcosa, avreste percepito la scorza della lottatrice pura, l’orgoglio della guerriera al tramonto. E tra un punto e l’altro, tra uno sbuffo e un sospiro, tra un asciugamano e il sudore che cola comunque, a te, nel pubblico, ad un passo dal campo, eroe senza volto tra i tanti sotto il sole che brucia, eccola riservare uno sguardo, un incoraggiamento ad incoraggiarla. Come se ce ne fosse bisogno.

Non abbiamo saputo. Avremmo voluto. Per alzarci in piedi, come allora. Per urlarle ogni giorno su un social una frase. Dai Franci, alé. Non ne ha avuto bisogno. Ha guardato negli occhi il suo mostro, lo ha affrontato a petto in fuori. Ha ruggito. Si è ferita. Si è rialzata. Una Leonessa è per sempre.

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