Dicembre 18, 2019

Referendum sul taglio dei parlamentari: vince la politica (e arrivano le elezioni)

Ora affannatevi pure a chiamare in causa l’amore per la poltrona dei senatori che anche voi (sì, proprio voi) avete eletto. Commentate sui social con malcelato disgusto l’istinto di auto-conservazione di quelli che cadono sempre in piedi. Denunciate indignati l’accordo trasversale tra partiti solo sulla carta diversi. Sfogate la rabbia per il fatto che la firma numero 64, quella decisiva al raggiungimento del quorum necessario ad avviare il referendum sul taglio dei parlamentari, arrivi dall’Australia, da Francesco Giacobbe, senatore (del Pd!) eletto – per giunta! – all’estero. Voi che i senatori all’estero li odiate da sempre, vorreste abolirli. Che vogliono farne (loro) del (nostro) governo? Pensino al governo estero!

Dopodiché, esaurita la lista di cose ovvie da fare, sforzatevi di capire che la messa in discussione della riforma grillina, altro non è che l’occasione per riportare in questo Paese un po’ di realtà. Lo ricordate Di Maio in piazza nell’atto di strappare lo striscione con le poltrone simbolo della casta? Lo avete presente mentre parlava di “fatto storico” che “ricorderanno i nostri figli e i nostri nipoti”? Ecco, dimenticatelo. Un quinto di senatori ha deciso di opporsi a quella deriva teatrale, ad una riforma sbagliata che non elimina un problema (che sia uno) della democrazia italiana ma ne crea un altro: quello della rappresentanza. Chiedere a Roberto D’Alimonte, forse il massimo esperto di sistemi elettorali in Italia: a fare la differenza per il (mal)funzionamento della politica nostrana non è tanto il numero di parlamentari, semmai il bicameralismo paritario. Due camere che fanno esattamente lo stesso lavoro. Ridondanti. Ripetenti.

Ci vuole coraggio per affermare verità impopolari contro falsità diffuse e dannose. E se il conto da pagare per l’affermazione di questo principio sarà assistere ad un’accelerazione verso le urne poco importa. Se le forze politiche spingeranno per eleggere per l’ultima volta 945 parlamentari anziché 600, ce lo faremo andar bene. Perché poi, per il resto, portare alle urne un numero di cittadini tale da abolirla davvero, la riforma, non sarà impresa facile. E allora ecco che per non rischiare di restare senza seggio, una volta che il taglio sarà entrato in vigore (com’è probabile tra maggio e giugno), qualcuno potrà pensare bene di far cadere il governo nella finestra che si è aperta oggi e si chiuderà col referendum.

Magari sarà la scusa per trovare l’intesa, una buona volta, su una legge elettorale che assicuri al popolo il diritto di scegliersi il governo che vuole, e insieme quello di rappresentanza. Guardate al sistema degli Usa, alla Francia col doppio turno, al Regno Unito di cui abbiamo adorato la chiarezza pochi giorni fa. No, non serve il taglio dei parlamentari perché vinca la politica. C’è soltanto bisogno di politica. Vera.

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