Febbraio 10, 2020

Il virus è dentro di noi

Nella programmazione delle nostre vite è presente un errore di calcolo. L’algoritmo che regola le nostre esistenze è caduto in un tranello, non sa riconoscerlo. Pensiamo che ai molti “oggi” fin qui vissuti ne seguiranno altri. Non ci chiediamo quanti. Consideriamo questa incognita infinita, sbagliando. L’emergenza globale del coronavirus è sotto controllo come può esserlo qualcosa di fuori controllo. Un’entità infinitamente piccola, invisibile ad occhio nudo, ha già ucciso quasi 1000 persone. Ed anche in questo caso il nostro sistema è portato all’errore. Crediamo che il virus sia un qualcosa di estraneo al nostro mondo, alla nostra cultura. Ci abbeveriamo di un razzismo scientifico. Ci crogioliamo in un ossimoro permanente: attenzione al contagio, è pericoloso. Ma certo noi non lo prenderemo mai. Pensiamo che la malattia sia figlia della Cina, delle tradizioni e delle sue genti. Eppure, al di là della sua provenienza, questo virus attacca e attecchisce anche i nostri corpi. La nazionalità non è uno scudo, non ci è d’aiuto.

Siamo invasi di false convinzioni, scoprirle tutte insieme rischia di mandare in tilt l’intero apparato. Per esempio, pretendiamo che la scienza dia risposte precise a nuove domande in pochi giorni. Percepiamo l’urgenza del momento e scarichiamo sui medici l’ansia delle nostre paure. Facendo finta di dimenticare i tagli ai fondi cui li abbiamo costretti. Illudendoci che ad ogni malattia debba corrispondere una cura. A maggior ragione se si parla di epidemia: non potremo mica morire tutti, vero?

La nostra mente non riesce ad accettare altro ordine se non quello che si è data. Vive in una dimensione d’inganno costante. Non contempla l’idea del fallimento, men che meno quella della morte. Attiva perciò delle sirene di auto-consolazione. Qualcuno faccia qualcosa. I governi si attivino. Gli scienziati studino. I medici curino. I pazienti guariscano. Basta mascherine, si stava meglio guardando Sanremo.

Il virus è dentro di noi.

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