Settembre 16, 2020

La pace di Donald

Ha probabilmente ragione chi sostiene che un “accordo di Abramo” firmato da Barack Obama sarebbe stato celebrato dalla stampa internazionale come un’intesa dai risvolti epocali per il Medio Oriente e per il mondo intero. Il fatto che sia stato Donald Trump a siglare il “peace deal” tra Israele, Emirati Arabi e Bahrein di certo smentisce molte delle narrazioni strumentali che vengono fatte della politica. Americana e non solo.

Servono obiettività e distacco per ammettere che quello raggiunto da Donald Trump è un successo diplomatico indiscutibile.

i24NEWS - Israel, UAE, Bahrain sign landmark US-brokered Abraham Accords

La cartina di tornasole del suo successo è il commento all’intesa da parte del suo sfidante alla Casa Bianca, Joe Biden, che evita volutamente di nominare gli accordi firmati dal rivale, ma plaude ai “passi” fatti da Emirati Arabi e Bahrein per normalizzare i rapporti con Israele, promettendo che un’amministrazione Biden-Harris li “rafforzerà” sfidando altre “nazioni a mantenere la pace“. Forse per smarcarsi dal solco tracciato da Trump, probabilmente per rivendicare una diversità nella sua politica estera, Biden torna ad evocare la soluzione dei due stati per Israele e Palestina: un piano ad oggi superato dalla storia.

Quanto il successo di Trump inciderà sulla corsa alla Casa Bianca? Praticamente zero. Il Medio Oriente non è da molto tempo in cima alle preoccupazioni del popolo americano. Al limite Trump migliorerà i sondaggi di opinione sulle sue capacità in politica estera, benzina per il suo smisurato ego, ma serve altro per restare in sella.

Sul piano geopolitico, però, la svolta che cambia il grande gioco del Medio Oriente è innegabile. Per quanto siano più di uno i motivi che portano a credere che l’effetto domino auspicato dall’amministrazione Trump nel mondo arabo faticherà a manifestarsi. Ne è un indizio il fatto che a quest’intesa storica, annunciata dalla veranda sul Portico Sud della Casa Bianca, non abbia preso parte un peso massimo della regione come l’Arabia Saudita, soltanto ufficiosamente rappresentata dal Bahrein, poiché impossibilitata a sciogliere i suoi troppi nodi interni, a trovare una motivazione che giustifichi un passo di tale portata agli occhi del mondo musulmano di cui è la guida.

Resta però il cambio di copione tattico nel tentativo di risolvere l’annoso conflitto israelo-palestinese. Il copyright spetta a Jared Kushner, genero di Trump, artefice della piattaforma che ha consentito la normalizzazione dei rapporti tra Israele ed Emirati, ribaltando il paradigma per cui prima di qualsiasi intesa con lo Stato Ebraico debba essere trovata una soluzione alla questione palestinese. Ora sarà l’opposto: potranno essere le relazioni tra mondo arabo ed ebraico a risolvere il conflitto.

Non è detto che accada, è certo che nel caso non sarà alle condizioni della Palestina. Ma a Trump va dato atto di aver raggiunto un patto che stabilizza la regione. Più che l’accordo di Abramo, la pace di Donald.

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